Avere una mente incline all'immaginazione

Conservato presso la Pinacoteca Nazionale di Siena

Avere una mente incline all'immaginazione è la garanzia di una vita estremamente movimentata, anche nella malaugurata ipotesi di trascorrerla seduti. So di possedere una mente di questo tipo da moltissimo tempo, probabilmente da quando avevo sette anni ed ho cominciato ad usare gli strumenti di bordo per eslporare il mondo. Penso che sia così per qualunque possessore di una mente simile: arriva un istante, un particolare momento dell'infanzia, in cui ti rendi conto che stai guardando le cose da un punto di vista che non è propriamente comune. Le macchie, i chiaroscuri delle tapezzerie, le ombre sul soffitto appaiono all'improvviso animati, vivi. Ci vedi volti dalle espressioni terribili, occhi, forme, dettagli di figure. Spesso parlarne con i "grandi" significa perdere la chiave, poco a poco, per aprire questa camera ottica mentale. Le reazioni più comuni vanno dall'indifferenza, al minimizzare, al preoccuparsi per un improvviso stato febbrile. In effetti devo ammettere che, grazie alla febbre, ho potuto visualizzzare alcune delle forme più grandi e fantasiose; il copriletto del mio lettino era una inesauribile fonte di scoperta.  Credo si decida in quel momento, quando lo racconti agli allarmati o indifferenti genitori, se sarai un felice o un infelice possessore di una mente incline all'immaginazione. Nel mio caso fu proprio l'indifferenza generale a far scaturire in me il desiderio di provare il piacere mentale del viaggio attraverso l'immaginazione. La meraviglia sta nel fatto che si può partire in qualunque momento. Non esistono orari o mete proibitive, non c'è niente di predefinito. Crescendo e continuando a viaggiare, si può addirittura perfezionare questa inclinazione fino a ricavarne una vera e propria tecnica, che permette di mantenere la mente in viaggio senza perdere il contatto con la realtà. Qualcuno mi ha già detto che questo corrisponde ad una certa disciplina...non mi stupisco affatto, pur non conoscendone alcuna credo che tutte le tecniche relative all'uso corretto della mente siano solo la sintesi di normalissimi processi in dotazione a tutti gli esseri pensanti. Ovviamente, prima di raggiungere un controllo del procedere del viaggio tale da permettere al cervello di seguire più di una realtà, ho sperimentato varie situazioni di default, alcune al limite del grottesco. Ricordo perfettamente quando mi portai a casa, intatto, l'intero palcoscenico di un teatro genovese, dove assistetti alla mia prima commedia pirandelliana. Il "teatro nel teatro" è un veicolo perfetto per suggerire alla mente il movimento e fu difficile davvero riportare la mia nel luogo, nel tempo e nella situazione in cui mi trovavo. Successivamente nacque l'amore per la scenografia, per la figura dell'attore, poi del regista. Infine dalla scena teatrale passai a quella pittorica. Mi attraeva anche di più perchè in pittura tutto è immaginato, non solo la situazione, i protagonisiti, ma anche lo spazio che li contiene e spesso la cornice stessa e l'architettura che la ospita. Le opere di Piero della Francesca, i primi tentativi di prospettiva, ma anche la totale assenza di questa nelle tavole delle pale trecentesche, che costringono la mente a leggere lo spazio in modo distorto quanto basta per allenarlo ad una visione mutevole, creativa dello spazio.E poi il riflesso. Il riflesso in pittura è il mio viaggio più affascinante. Rimango inchiodata lì, davanti al dettaglio che lo riproduce, e viaggio, viaggio. I grandi affreschi del Vasari in Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento li ho ammirati, su suggerimento di uno spirito più viaggiatore del mio, con i binocolini da teatro. Ho scoperto così il riflesso della scena in un elmo di guerriero. Un dettaglio simile si può vedere da molto vicino nella "Deposizione" del Sodoma, presso la Pinacoteca di Siena. Nell'elmo lucido e lucente del soldato ai piedi della croce si può vedere la sua immagine riflessa, insieme alla figura che gli sta accanto e, sullo sfondo, il paesaggio che si troverebbe alle sue spalle, alle spalle di chi come me guarda e davanti, decisamente davanti agli occhi di chi lo ha dipinto. Grande mente incline all'immaginazione e al viaggio.

In love with Shakespeare (18)



Sonnet CXXVIII

How oft when thou, my music, music play'st,
Upon that blessed wood whose motion sounds
With thy sweet fingers when thou gently sway'st
The wiry concord that mine ear confounds,
Do I envy those jacks that nimble leap,
To kiss the tender inward of thy hand,
Whilst my poor lips which should that harvest reap,
At the wood's boldness by thee blushing stand!
To be so tickled, they would change their state
And situation with those dancing chips,
O'er whom thy fingers walk with gentle gait,
Making dead wood more bless'd than living lips.
   Since saucy jacks so happy are in this,
   Give them thy fingers, me thy lips to kiss.



Johann Sebastian Bach   Il clavicembalo ben temperato
Preludio e Fuga n°1 in do maggiore BWV 846
Léon Berben   Clavicembalo
NaAnCaSe



Sonetto 128

Quanto spesso mentre tu, mia armonia, musica suoni,
Su quel sollecitato legno il cui movimento risuona
Con le tue lievi dita quando con nobiltà governi
Il corposo accordo che il mio orecchio amalgama, 
Invidio quei tasti che saltano agilmente,
Per baciare la parte nascosta e delicata della tua mano,
Mentre le mie povere labbra che dovrebbero quel raccolto mietere,
Stanno davanti alla chiara tastiera e presso te frementi!
Per essere stuzzicate in questo modo, vorrebbero cambiare il loro stato 
e il loro posto con quei tasti danzanti
lungo i quali le tue dita camminano con gentile andatura,
rendendo l'inanimato legno  più felice delle frementi labbra.

Poiché gli spudorati tasti sono felici di questo,
concedi loro le tue dita, e a me le tue labbra da baciare.

Traduzione   Red

Senza parole

 
Antonio Vivaldi   Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione
Concerto n°2 in sol minore "L'Estate" RV 315
Terzo movimento  Presto
Giuliano Carmignola e Venice Baroque Orchestra
Direzione musicale Andrea Marcon

"Qui plane sur la vie, et comprend sans effort..."




Élévation

Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées,
Des montagnes, des bois, des nuages, des mers,
Par delà le soleil, par delà les éthers,
Par delà les confins des sphères étoilées,

Mon esprit, tu te meus avec agilité,
Et, comme un bon nageur qui se pâme dans l'onde,
Tu sillonnes gaiement l'immensité profonde
Avec une indicible et mâle volupté.

Envole-toi bien loin de ces miasmes morbides ;
Va te purifier dans l'air supérieur,
Et bois, comme une pure et divine liqueur,
Le feu clair qui remplit les espaces limpides.

Derrière les ennuis et les vastes chagrins
Qui chargent de leur poids l'existence brumeuse,
Heureux celui qui peut d'une aile vigoureuse
S'élancer vers les champs lumineux et sereins ;

Celui dont les pensers, comme des alouettes,
Vers les cieux le matin prennent un libre essor,
- Qui plane sur la vie, et comprend sans effort
Le langage des fleurs et des choses muettes !

Charles Baudelaire 


Dedicated to my dearest friend Daniel, whose thought glides upon life, and understands without effort the language of flowers and that of silent things.


Johann Sebastian Bach  I Concerti Brandeburghesi
Concerto n°1 in fa maggiore BWV 1046

Orchestra Mozart
Direzione musicale Claudio Abbado
Giuliano Carmignola violino


Elevazione

Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
Delle montagne, dei boschi, delle nuvole, dei mari,
Oltre il sole, oltre i fluidi eterei,
Oltre i confini delle sfere stellate,

Mio spirito, tu ti muovi con agilità,
E, come un abile nuotatore che spasima nell'onda,
solchi allegramente l'immensità profonda
Con indicibile e virile voluttà.

Involati lontano da questi miasmi malsani;
Va' a purificarti nell'aria superiore,
E bevi, come puro e divino liquore,
Il fuoco chiaro che riempie gli spazi limpidi.

Al di là dei tormenti e delle immense sofferenze
Che gravano del loro peso la vaga esistenza,
Felice colui che può con ala vigorosa
Lanciarsi verso gli spazi luminosi e sereni;

Colui i cui pensieri, simili alle allodole,
Verso i cieli al mattino si alzano in libero volo,
- Che plana sulla vita, e comprende senza sforzo
Il linguaggio dei fiori e delle cose mute!

traduzione Red

"Amor m'ha fatto tal ch'io vivo in foco"

Conservato presso il Museo del Louvre



Amor m’ha fatto tal ch’io vivo in foco,
qual nova salamandra al mondo, e quale
l’altro di lei non men strano animale,
che vive e spira nel medesimo loco.
Le mie delizie son tutte e il mio gioco
vivere ardendo e non sentire il male,
e non curar ch’ei che m’induce a tale
abbia di me pietà molto né poco.
A pena era anche estinto il primo ardore,
che accese l’altro Amore, a quel ch’io sento
fin qui per prova, più vivo e maggiore.
Ed io d’arder amando non mi pento,
purché chi m’ha di nuovo tolto il core
resti de l’arder mio pago e contento.

Gaspara Stampa


 
Georg Friedrich Händel  Alcina
Aria di Ruggiero "Mi lusinga il dolce affetto"
Atto secondo  Scena terza
Philippe Jaroussky  controtenore

"Prima di amarti, amore, niente era mio..."

Collezione privata


Soneto XXV

Antes de amarte, amor, nada era mío:
vacilé por las calles y las cosas:
nada contaba ni tenía nombre:
el mundo era del aire que esperaba.
Yo conocí salones cenicientos,
túneles habitados por la luna,
hangares crueles que se despedían,
preguntas que insistían en la arena.
Todo estaba vacío, muerto y mudo,
caído, abandonado y decaído,
todo era inalienablemente ajeno,
todo era de los otros y de nadie,
hasta que tu belleza y tu pobreza
llenaron el otoño de regalos.

Pablo Neruda

da Cien sonetos de amor


Il Sonetto 25 di Neruda nella traduzione, splendida, di grigioazzurro


Sonetto XXV

Prima di amarti, amore, nulla era mio:
ho esitato per le strade, le tentazioni:
nulla non aveva avuto un nome:
il mondo era in attesa d'aria.
Conoscevo stanze color cenere,
gallerie abitate dalla luna,
hangar crudeli di un addio,
domande nascoste nella sabbia.
Tutto era vuoto, morto e muto,
abbandonato e decaduto,
tutto era inalienabile straniero,
tutto era degli altri e di nessuno,
fino all'arrivo della tua bellezza e la tua povertà
a riempire l'autunno di regali.

grigioazzurro


 
Erik Satie  Trois Gymnopédies 
Gymnopédie 1
Lars Roos   piano

"Day mi , Boże , oczi golwbowi...." Dammi, oh Dio, occhi di colomba...




Malka moma si se Bogu moli:
Day mi , Boże , oczi golwbowi,
Day mi, Boże , kriltsa sokolovi,
Da si vozna otvad beli Dunav,
Da ci najda momcze spored mene.

Bog i dade kriltsa sokolovi,
Ta si nayde momcze spored neja.



Una giovane donna chiese a Dio pregando

Dammi, oh Dio, occhi di colomba
Dammi, oh Dio, ali di rapace
Perché possa volare oltre la Dunav
Perché possa trovare un giovane che io amo.

E Dio le diede ali di rapace
Ed ella trovò il giovane che amava.


Nely Andreeva  Malka Moma
bulgad

"La mia lunga romanza in mi minore..."



Notte bianca

La mia lunga romanza in mi minore
va per la calma de la notte bianca:
io son già fioco, la chitarra è stanca;
ma voi non ascoltate, e il canto muore.
Vi traggono, Madonna, i sogni a 'l fiume
che rispecchia ne l'acque alte i roseti,
ove dileguan sotto il mite lume
le coppie de le amanti e de i poeti?
<<O voi su 'l letto morbido supina
mentre sorgono i fiori a pispigliar
su da li antichi vasi de la China,
voi sommerge la fresca onda lunar?>>
La mia lunga romanza in mi minore
va per la calma della notte bianca:
io son già fioco, la chitarra è stanca;
ma voi non ascoltate, e il canto muore.
O Madonna, la luna impallidisce
ne 'l ciel come una lampa d'alabastro;
e s'accendono già le prime strisce
di arancio e ora sovra il ciel verdastro.
E voi non vi destate? O su da 'l letto
a l'ultimo incantesimo lunar,
sorgete alfine ignuda a mezzo il petto,
candida e palpitante, ad ascoltar?
Aprite, aprite; de le chiome l'onda
porgetemi: d'amor li incanti io so;
lieve per la vivente scala bionda
a 'l ciel de' vostri baci io salirò.

Gabriele D'Annunzio



Francesco Paolo Tosti   La Serenata
English Chamber Orchestra
Direzione Musicale Edoardo Müller
José Carreras   tenore
rosen20kavalier

Le Humane Passioni: Il Piacere

Conservato presso il  Musée de La Cour d'Or Metz



Antonio Vivaldi   Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione

Le Humane Passioni "Il Piacere"
Concerto n°6 in do maggiore RV180
Allegro, Largo e Cantabile, Allegro
Academy of Ancient Music
Andrew Manze  violino e direzione musicale
whomakemefeel

Per cantare, con adeguata voce, la meravigliosa armonia di un violoncello...

Conservato presso il Saint Louis Art Museum


Poema   5
 
Para que tú me oigas
mis palabras
se adelgazan a veces
como las huellas de las gaviotas en las playas.
Collar, cascabel ebrio
para tus manos suaves como las uvas.
Y las miro lejanas mis palabras.
Más que mías son tuyas.
Van trepando en mi viejo dolor como las yedras.
Ellas trepan así por las paredes húmedas.
Eres tú la culpable de este juego sangriento.
Ellas están huyendo de mi guarida oscura.
Todo lo llenas tú, todo lo llenas.
Antes que tú poblaron la soledad que ocupas,
y están acostumbradas más que tú a mi tristeza.
Ahora quiero que digan lo que quiero decirte
para que tú las oigas como quiero que me oigas.
El viento de la angustia aún las suele arrastrar.
Huracanes de sueños aún a veces las tumban
Escuchas otras voces en mi voz dolorida.
Llanto de viejas bocas, sangre de viejas súplicas.
Ámame, compañera. No me abandones. Sígueme.
Sígueme, compañera, en esa ola de angustia.
Pero se van tiñendo con tu amor mis palabras.
Todo lo ocupas tú, todo lo ocupas.
Voy haciendo de todas un collar infinito
para tus blancas manos, suaves como las uvas.

Pablo Neruda


dalla Raccolta
Veinte poemas de amor y una canción desesperada

Poema   5

Affinché tu mi ascolti
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani tenere come l'uva.
E le vedo le mie parole lontane.
Più che mie sono tue.
Vanno arrampicandosi al mio consunto dolore come edera.
Si arrampicano così lungo le pareti umide.
Tua è la colpa di guesto gioco crudele.
Fuggono dal mio rifugio oscuro.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.
Prima di te hanno popolato la solitudine che abiti,
e sono solite più di te alla mia tristezza.
Ora desidero che dicano ciò che desidero dirti
perché tu ascolti loro come voglio che ascolti me.
Il vento dell'angoscia ancora suole sospingerle.
Uragani di sogni ancora talvolta le atterrano.
Si ascoltano altre voci nella mia dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di consumate suppliche.
Amami, compagna, Non abbandonarmi. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.
Ecco si colorano del tuo amore le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto ti prendi.
Vado facendo di tutte una collana infinita
per le tue bianche mani, dolci come l'uva.

Traduzione   Red

 
 Johann S. Bach Suite per orchestra n°3 in re maggiore
Secondo movimento "Aria sulla quarta corda"
Misha Quint   violoncello
Svetlana Gorokovich   piano

La scopa della Befana e il Signor Rossini


Un vento prepotente ha scosso per tutta la notte la robusta scopa della Befana ed il mattino del 6 gennaio si è presentato con un cielo che sembrava davvero molto ben spazzato. Nessuna nuvola in vista, neppure un montaliano "biocco" a trapassare rapido il cielo, solleticato dal vento ormai stanco. "Il Bracco", cioè la Statale SS1 Aurelia che collega il Golfo del Tigullio con le Cinque Terre, è il percorso migliore in giornate come questa. Questa strada, fondamentale via di comunicazione dai Romani in qua, è per un lunghissimo tratto, quello che comprende il Passo del Bracco (mt 615 s.l.m.) , un balcone soleggiato da cui sembra quasi di toccare il mare. In giornate come questa, se ci si lascia abbagliare dal riflesso del sole sulla grande distesa blu, si possono sentire mescolati il profumo dei boschi di castagni ed il salino; quest'ultimo arriva a tratti, sottile e quasi impercettibile, non fosse per la sensazione di nitore estremo che l'aria porta con sé, entrando nei polmoni. Percorrere questa strada mi ha sempre dato l'impressione di vivere davvero su un cornicione; la mia Regione è così: stretta, lunga e arcuata. Credo fermamente che ci sia, in noi nati qui, la consapevolezza di potersi muovere sulla propria terra solo in senso longitudinale, con lo sguardo praticamente o idealmente sempre rivolto al mare. Se vai in su incontri Piemontesi, Lombardi, Emiliani, Toscani di Lunigiana......altra gente, altre cadenze di sillabe ed accenti, a due passi dalle tue radici culturali che, se sei nato qui, sono aggrappate a spuntoni di roccia fra i castagni, a dirupi di ginestre e mortella, radici rustiche e scontrose.
E' bello guardare il mare da questo balcone naturale, da cui in giornate assolutamente limpide si può vedere la sagoma della costa corsa, rustica e scontrosa anch'essa, come una dirimpettaia invidiosa. Ancora più bello è godere di questo spettacolo comodamente seduti ad una tavola accogliente, baciati dal sole splendente di gennaio e coccolati dalla fantasia e dal talento di chi su questo balcone naturale è nato e cresciuto. Parlo di un ristorante molto accattivante, di Ivana e Mauro che ne sono la struttura e l'anima, di un altro balcone (il loro) da cui si vede Moneglia laggù, ai piedi di un manto discendente di ulivi. "Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra..."  dice Montale e mi vengono in mente questi versi proprio in questo posto, che è un "qui" ideale da cui partire per un altrettanto ideale viaggio trasversale della mia terra: nel rosso intenso di un Piemontese sincero......nell'armonia dei tortelli ripieni di polenta e quartirolo, in un abbraccio di burro fuso e tartufo....davvero degni del palato del Signor Rossini.


La Campana d'Angiò
Via Aurelia, Località Peiro 7
Moneglia (GE)
o185  49741

 
Gioacchino Rossini   Sonata a quattro n°6 in re maggiore
Primo movimento Allegro Spiritoso