Propositi per il nuovo anno

 
Henry Purcell    Birthday Ode to Queen Mary
"Sound the trumpet till around"
Philippe Jaroussky  Pascal Bertin
Ensemble "Le Concert d' Astrée"
Direzione musicale   Emmanuelle Haïm
Proposito n°1

Imparare a guardare le cose da tutti i punti di vista possibli. 



Auguri di Buon Anno a tutti!

In love with Shakespeare (17)



Per Adele: may this give love to thee...


Sonnet XCVII

How like a winter hath my absence been
From thee, the pleasure of the fleeting year!
What freezings have I felt, what dark days seen!
What old December's bareness everywhere!
And yet this time removed was summer's time;
The teeming autumn, big with rich increase,
Bearing the wanton burden of the prime,
Like widow'd wombs after their lords' decease:
Yet this abundant issue seemed to me
But hope of orphans, and unfathered fruit;
For summer and his pleasures wait on thee,
And, thou away, the very birds are mute:

   Or, if they sing, 'tis with so dull a cheer,
   That leaves look pale, dreading the winter's near.



Sonetto 97

Quanto come un inverno è stata la mia lontananza
da te, fonte di piacere del passato anno!
Qual gelo ho provato, che giorni bui ho vissuto!
Quanta desolazione da vecchio Dicembre in ogni dove!
Eppure questo tempo passato era un'estate;
Il prolifico autunno, grandioso di generosa crescita:
Gestante dell'incontrollato fardello della primavera,
Come grembo reso vedovo dalla morte del suo sire:
Così quest'abbondante nascere mi apparve
Nient'altro che attesa di orfani, e progenie senza padre;
Perché l'estate e la sua corte sono ai tuoi servigi,
Ed in tua assenza, neppure gli uccelli hanno voce:

O, se cantano, lo fanno con tono così cupo,
Che le foglie sembrano sbiadire, per timore del vicino inverno.

traduzione Red



Pierre Danican Philidor   Quarta Suite
Aria in Musette
Gonzalo X. Ruiz  oboe barocco
S. Francisco Early Music Ensemble Voices of Music
Walvis2007

Quattro stagioni in soggettiva (quattro) Inverno

Red


Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al Severo Spirar d' orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento;
E pel Soverchio gel batter i denti;



Antonio Vivaldi   Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione
Concerto n°4 in fa minore "L'Inverno"
Primo movimento   Allegro
Fabio Biondi e Ensemble Europa Galante
ilcodega

Terra amica.....

 Simone Cantarini   San Pietro guarisce lo storpio
Conservato presso la Pinacoteca Civica 
del Palazzo Malatestiano di Fano (PU)


Come posso definire il nostro stato d'animo durante tutto quel lunghissimo, interminabile pomeriggio che precedette la rappresentazione di "Zelmira"? Eravamo impazienti. Elettrizzati. L'atmosfera che respiravamo, in quella città ancora sconosciuta, era indescrivibile. Assorbivamo l'emozione della gente per strada, l'attesa era palpabile, la passione anche. La passione, questo fremito così latino, così fortemente italiano, che guidava il nostro vagabondare per le vie di Pesaro, nelle sale della Pinacoteca, frastornati, quasi ebbri per l'attesa. Tutto assumeva un aspetto nuovo: la percezione del talento di un pittore che incontravamo per la prima volta, Simone Cantarini, fu paragonabile ad un innamoramento per me. I suoi colori, i toni accesi dei rossi e dei blu, filtrati atraverso la passione, attraverso i cinque sensi sveglissimi, entrarono nel mio immaginario, nella memoria profonda legata a questa città. Avrei ritrovato due anni dopo la grandezza e il garbo di questo grande pittore, in una mostra bellissima allestita nel Salone Metaurense del Palazzo Ducale di Pesaro.
Eravamo assolutamente nuovi al mondo dell'Opera Lirica, così non ci preoccupammo di verificare l'effettiva partecipazione del nostro amato tenore Rockwell Blake a quella edizione del Rossini Opera Festival . Aggirarsi per le strade e le bellezze di Pesaro fu bellissimo, ma fu accompagnato costantemente dal pensiero di una voce, la sua: ampia, potente ed elegante insieme, indescrivibile. Durante il nostro primo incontro con questo impareggiabile tenore, quel pomeriggio di tre anni prima, fummo tutti concordi nel dichiarare che all'interno dell'aria di Lindoro "Ecco ridente in cielo..", nella sua parte finale, fosse racchiusa una vera e propria fuga di stanze. La voce di Blake prendeva letteralmente il volo e si allungava, si librava lungo una fuga immaginaria di ambienti: si allontanava e tornava vicina....viva, condotta dal tenore, dalla sua bravura, per stanze definite nella loro struttura dall'ampiezza stessa della voce. Per chi leggendo volesse ascoltare questo momento delizioso e sublime di un'aria così celebre, visto secondo la nostra percezione, può farlo aprendo qui: lo incontrerà dopo il terzo minuto della durata totale del video, scandita sul margine inferiore del video stesso.


Così, sul percorso di una fuga di stanze sonora, attraversammo la città e i suoi tesori; poi, finalmente arrivò la sera. L'incontro con l'interno del Teatro Rossini mi è rimasto dentro come un'esplosione di velluto rosso; il palco da cui avremmo assistito alla rappresentazione non era troppo centrale, ma ci permetteva una visuale ottima della scena e ci consentì di gustare  scambi scherzosi fra alcuni dei protagonisti, appena fuori dalle quinte. Lo spirito di Rossini aleggiava certamente fra le architetture della sala, planava sulla platea, sorgeva come un sole dal golfo mistico. Scoprimmo la voce magnifica, quasi banale dirlo, di Mariella Devia, che interpretava il ruolo della principessa Zelmira, in una scenografia splendida tanto quanto i costumi. Rockwell Blake non avrebbe interpretato il ruolo di Ilo, ma superata la prima delusione questo non ci turbò troppo: dopotutto aveva vestito alla perfezione quello di Guida, accompagnadoci nell'indimenticabile viaggio verso un mondo sconosciuto e affascinante, che non avremmo più abbandonato, iniziato davvero sulle sponde quiete e assolate di una terra amica.

Encore.......!

Gioacchino Rossini   Zelmira
"Terra amica"  (Cavatina di Ilo)
Rockwell Blake  (sublime) tenore

Buon Natale


Anonimo   Ninna nanna
Philippe Jaroussky   controtenore
Ensemble L'Arpeggiata
Direzione musicale Christina Pluhar
MehdiCapsII

Andando, in attesa....

Statuina femminile della Scuola di  Anton Maria Maragliano

Auguri di un sereno Natale
a tutte le persone vere, speciali e care con cui ho condiviso
questo anno in rete.
Un forte abbraccio.

Astro del ciel Stille Nacht Oh nuit de paix Silent Night
The Stairwell Carollers
StairwellCarollers

S'i' fosse foco......

 
 Manuel de Falla   "El amor brujo"
La danza ritual del fuego
Luka Šulić   violoncello
Ensemble Cellomania Croata
Direzione musicale V. Despalj

Quattro stagioni in soggettiva (tre) Autunno



I cacciator alla nov'alba a caccia
Con corni, Schioppi, e cani escono fuore
Fugge la belva, e Seguono la traccia;
Già Sbigottita, e lassa al gran rumore
De' Schioppi e cani, ferita minaccia
Languida di fuggir, ma oppressa muore. 


 
Antonio Vivaldi   Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione
Concerto n° 3 in fa maggiore "L'Autunno"
Terzo movimento   Allegro
Elisa Citterio e Ensemble Brixia Musicalis
barocche

El sueño.....il sonno......il sogno

"La Disputa del SS Sacramento"


In quanti modi si può tradurre una poesia? Cosa fa di me, che la ascolto, la leggo, la riscrivo nella mia lingua, un traduttore? La definizione di “tradurre”, nel vocabolario della Lingua Italiana, contiene due termini che hanno davvero molto a che vedere col mio personale concetto di Poesia: “trasportare” e “condurre”. La Poesia, massimo livello di percezione umana, altissima, mi trasporta e mi conduce. Il piacere più grande e più vero che ricevo da essa, però, non è nella percezione di questa sua capacità; sta tutto, invece, nel lasciarmi trasportare, nel permetterle di condurmi. Più mi avvicino alla Poesia, più lascio che compia in me il suo piccolo miracolo, più mi accorgo che il mio “lasciar fare” diventa una richiesta, spesso una supplica. Mai disattesa. Tradurre, per me, significa trasportare emozioni, che in forma di parole, sconosciute o solo differenti dal codice dei miei pensieri, viaggiano da una mente all'altra, dall'Autore a me. Traducendo, le parole vengono trasportate altrove, con altri suoni, rivestite di immaginario; arrivano ai pensieri, abituati ad una certa voce, ad una cadenza, e questi, inspiegabilmente, le riconoscono, le assorbono e si lasciano condurre altrove, lungo un misterioso percorso che finisce, sempre e comunque, in me.
E' bellissimo entrare in una poesia e cercarne la chiave, trovarla ed aprire porte di percezione che sono mondi sterminati, dove la non conoscenza è fondamentale per ricevere la conoscenza stessa. Gli strumenti sono la disposizione alla meraviglia, la curiosità, la percezione costante dell'amorevole voce della Poesia, che non tace mai.
Poco importa se la mia traduzione non è  riconosciuta, ufficiale, credibile. Lo scopo del tradurre, per me, non è la divulgazione del Pensiero Poetico di un Autore; esso, il Pensiero, scivola superbo sulle acque della Letteratura, delle Antologie, delle Raccolte, manifesto, condiviso, autorevole. Io vedo le mie traduzioni come piccole barchette di carta, effimere, un po' buffe, sovrastate dalla stazza della grande nave che le precede e che indica loro la rotta, eppure belle, preziose,  capaci di veleggiare.

E' un modo davvero bello di accogliere poesie, di avvicinare poemi, versi e strofe. Bello e difficile da condividere. Quando questo accade, però, la gioia è tale, l'emozione è così intensa, che posso addirittura arrivare a pensare che ciò che sento sia solo il principio di un viaggio più libero e complesso, che non potrò mai fare, ma che  c'è.
E accade.
Questa, che trascrivo a seguire, è una delle più belle traduzioni che io abbia mai letto. E' stata scritta da una persona di straordinaria sensibilità, che compone poesie splendide e ne condivide in rete anche con il nome di grigioazzurro. E' una traduzione della poesia “El sueño”, di Pedro Salinas, riletta da grigioazzurro con occhi interiori, limpidi e puri e trasportata in parole/emozioni, con rispetto e delicatissimo amore. Con il suo permesso l'appoggio qui, come una barchetta di carta sull'acqua corrente del web, e lascio che scivoli via, bellissima, trasportando.......


El sueño

El sueño è un lungo
addio a te.
Che grande vita con te,
in piedi all'erta nel sueño!
Dorme tutto il mondo, il sole,
formiche,le ore,
tutti, tutti addormentati,
nel sueño che dormo!

Tranne te, l'unica
vivente, sopravvissuta,
nel sogno che sogno.
Ma sì, addio:
fra poco me ne vado,
mentre il mattino prepara
tutta la sua necessità
di raggi e risa.
Fuori, fuori, adesso,
ho sognato di galleggiare
marciando in tutto il mondo,
senza poter calpestare
per non avere un posto,
disperatamente.

Ti abbraccio per l'ultima volta:
poi aprirò gli occhi.
Tutto qui. Le linee verticali
cominciano a camminare,
senza perdersi d'animo, seguendo le regole.
I colori esercitano
la loro abilità in blu
rosa, verde, tutto
al momento giusto
oggi si aggiusterà;
Mi ha ucciso el sueño.
Ti sento fuggire leggera
dall'alba, perfetta,
guardando in su, cercando
la stella che non si vede,
il disordine celeste,
che è solo dove possibile.
Dopo, allorchè  sveglio,
quasi non ti conosco,
quando, al mio fianco,  tendi
le braccia verso di me
dicendo: " cosa hai sognato?".

            E io risponderei: "Non lo so              
l'ho dimenticato "
se non ci fosse 
il tuo corpo nudo, preciso 
ad offrirmi le sue labbra
il grande errore della giornata.

Pedro Salinas "El sueño", rilettura lirica di una versione italiana del testo originale, a cura di "grigioazzurro" .

"...che l'immenso mio contento io non posso a te spiegar"

Veduta di una parte dell'interno

Avevamo passeggiato per Pesaro, lasciandoci trasportare dalla magia della sua atmosfera festivaliera e fu con lo stesso incedere, cauto ma impazienze al contempo, che oltrepassammo quell'arco e ci addentrammo in quella piccola e seminascosta corte. Ci trovammo al cospetto di un sobrio edificio cinquecentesco, al cui piano terra si apriva l'entrata ad un ristorante: l'Osteria La Guercia. Uno sguardo all'interno ci spinse immediatamente ad entrare: la luce soffusa e calda, gli affreschi alle pareti e gli arredi, che scoprimmo essere in alcuni casi originali dell'epoca, ci trasmisero subito la sensazione di essere attesi. Avremmo in seguito goduto di una piacevolissima visita all'intero locale, scendendo nelle sue fondamenta, in cui erano stati riportati alla luce reperti e strutture di epoca romana, ora perfettamente preservate e visibili. Avremmo ammirato con autentico piacere tutta la bellezza di questo locale, storico davvero, ma in quel momento, frastornati, incantati, eravamo lì....l'appetito stuzzicato dalla vista dei piatti che venivano serviti, lo spirito abbandonato alle promesse deliziose che intuivamo essere declamate dai profumi che riempivano l'aria e dal tintinnio dei bicchieri.......quasi un richiamo musicale ad avvertire, costante, un passo avanti a noi, la presenza della nostra irrinunciabile guida: Gioacchino Rossini. D'altra parte, anche in quella circostanza, nessuno meglio di Lui avrebbe potuto disporci alla gioia di un pranzo delizioso....Lui, così amante della cucina, sostanziosa ma raffinata nei sapori, generosa come la sua Musica. Per questo mi piace ripercorrere il nostro approdo alla semplice ma eccellente tavola di questo locale sulle note dell'Ouverture de La Cenerentola. In essa ritrovo descritti, in crescendo, ogni passo, ogni gesto, ogni sospiro di soddisfazione e gradimento che accompagnò il nostro pranzo e che conserverò per sempre come una delle espressioni più chiare della delizia di quel primo incontro con Rossini e la sua Pesaro. Ecco, fra le note iniziali, i nostri passi sotto l'arco, incuriositi e cauti; la scoperta della piccola corte, gli affreschi della vendemmia; il dehors, accogliente quanto l'interno, con semplici tavolini di rustica eleganza, palcoscenico, ne avremmo avuto la conferma poco dopo, di una sola rappresentazione: la sincerità. Nelle pause brevissime dell'ouverture, fra un guizzo e l'altro, nel più rigoroso crescendo rossiniano, mi sembra di rivedere il nostro gentilissimo cameriere, dal sorriso appena burbero, impeccabile nel suo accurato lavoro di mantenere lo spirito del locale, ossia la sincera sostanza, anche nei gesti più semplici. Poi l'ingresso dei piatti, indimenticabili.....sapori che non posso che definire, ripetendomi, sinceri. Nessuna manipolazione, nessun ricercare effetti stupefacenti, col risultato di stupire e deliziare per l'intensità dei profumi, per la struttura così semplice da diventare canto. Armonia fra terra e mare, nella Zuppa di maltagliati con ceci e vongole........

......i Ravioloni di spinaci e ricotta al burro e salvia...

......e poi le burrate, la piadina fragrante ad accompagnare il profumo sublime dei salumi nostrani, l'ineguagliabile sapore dell'olio extravergine di Cartoceto sui crostini invitanti...


....e, su tutto, l'orchestrazione di un vino rosso della zona, asciutto ma generoso, a legare armoniosamente sapori e profumi, corpo ed anima. Sincerità, a piene mani. Promesse di delizia, mantenute fino in fondo. Come nell'Ouverture de La Cenerentola......qui l'ultimo pizzicato rievoca perfettamente l'appagamento quasi del tutto raggiunto in quel percorso di sapori profumatissimi....prelude all'ultima concessione, doverosa, paradisiaca: un assaggio di dolci indimenticabili, un finale sontuoso reso appieno dalla sapiente complicità di sette note.


Finalmente l'abbraccio con Pesaro era tangibile, compiuto. Finalmente lo spirito era pronto, grazie al corpo, ad accogliere l'armonia sublime che ci attendeva, nella gradevole frescura della sera, sotto lo sguardo benevolo del Signor Rossini.

(continua....)

Gioacchino Rossini   La Cenerentola
Ouverture
Orchestra Giovanile Simon Bolivar
Direttore   Gustavo Dudamel
ssiroe 


Antica Osteria La Guercia
Pesaro, via Baviera 33 ( ang. Piazza del Popolo)

Un grazie di cuore alla Direzione e a tutto lo staff dell'Osteria La Guercia, per l'indimenticabile ospitalità di cui spero poter godere nuovamente al più presto e per avermi permesso di utilizzare le foto che illustrano questo post.

A Pesaro, ".....senza Baedeker....."


Arrivammo a Pesaro che era mattino inoltrato. Fu estremamente facile trovare l'albergo, situato nelle immediate vicinanze del teatro. Era una mattina fresca di fine agosto e la via che conduceva all'albergo era quasi deserta. Pesaro mi apparve, vista da lì, come una città di mare a fine stagione, un po' scolorita per il troppo sole, echi di feste consumate nelle calde serate, echi di arrivederci alla prossima estate. Ma questa sensazione, un po' malinconica in verità, durò molto poco. Non trovo altra immagine, ugualmente efficace, per descrivere il primo vero incontro con la città: devo paragonare il nostro arrivo nel centro di Pesaro all'apertura di un sipario. Superata la muraglia di palazzi moderni che separava l'albergo dalla piazza del teatro, si aprì ai nostri occhi una scena del tutto opposta a quella che ci aveva accolti al nostro arrivo in città. Tutto il centro storico, da Piazza Lazzarini lungo via Branca fino a Piazza del Popolo era un brulicare di gente, un mare di abiti colorati, visi dai tratti orientali, nord europei. Un vociare sommesso sembrava allagare la piazza e via Branca si srotolava davanti a noi come un multicolore tappeto ondeggiante. Forse per via del fatto che quasi tutte le persone attorno a me avevano fra le mani il libretto di una delle opere previste per quella edizione del Rossini Opera Festival o forse a causa delle espressioni distese e sorridenti dei volti, la scena che mi si apriva davanti mi sembrò la rappresentazione teatrale di un atto unico, che avrebbe potuto intitolarsi "L'attesa". Cominciammo a camminare quasi senza deciderlo, attratti e poi trasportati da quel fiume in elettrica trepidazione. Scendevamo lungo via Branca, senza esitazione, incrociando sguardi del tutto simili ai nostri, che cercavano nei nostri occhi la tacita conferma di non essere i soli, la reciproca rassicurazione che sarebbe presto arrivata la sera e con essa la magia di Rossini. Ma intanto era quasi mezzogiorno. I tavolini dei locali lungo il nostro percorso cominciavano a popolarsi, i sorrisi a farsi più larghi, più convinti. Avevamo deciso di non prendere informazioni circa un buon ristorante in cui ritemprarci al nostro arrivo. Avevamo deciso di metterci nelle mani di Rossini. Eravamo a Pesaro per cercare le sue tracce, per ascoltare la sua musica nella sua terra, eravamo certi che si sarebbe preso cura di noi, in ogni senso. Così, proseguendo la nostra passeggiata senza una meta certa, catturati dalle architetture e dall'atmosfera pre-festival, che faceva somigliare il centro storico di Pesaro al foyer di un teatro lirico, ci spingemmo con curiosità ormai, per varie ragioni, visionaria sotto il volto di un' antica casa, affacciata su Piazza del Popolo. Oltre l'arco, dopo un breve vicoletto si apriva una minuscola corte, quasi del tutto occupata dalla struttura rialzata e coperta del dehors di un ristorante.......

(continua.....)


 
Gioacchino Rossini   Il Barbiere di Siviglia
"Ecco ridente in cielo......"
Rockwell Blake   (sublime) tenore