Ci sono, in pittura, due momenti che da sempre mi affascinano: il ripensamento e la giornata. Entrambi questi elementi conducono alla percezione di un terzo, estremamente determinante nella vita di un'opera pittorica: il tempo. Il suo trascorrere viene percepito soprattutto in termini di degrado dell'opera stessa, ma il tempo è un elemento affascinante non solo per la forza del suo passare, che può modificare o addirittura cancellare un capolavoro: nel concepire ed eseguire un dipinto, l'artista instaura un rapporto molto particolare con il tempo, subendone l'incalzante presenza fino a delimitare, all'nterno di uno spazio ben preciso, il suo tempo, quello durante il quale mediterà sull'opera stessa.Questa relazione d'amore e odio fra il pittore ed il tempo è ben comprensibile nella tecnica a fresco: qui il tempo agisce con particolare veemenza, perché dipingere sul'intonaco prima che questo asciughi richiede rapidità e precisione, tecnica e coraggio. Questo lasso di tempo così prezioso per l'artista che dipinge a fresco viene detto giornata. Vederne i contorni dal vero è un'esperienza molto emozionante per me. Ogni volta che mi trovo di fronte ad una parete affrescata, ancor prima di godere la bellezza dei colori e delle forme, cerco con lo sguardo la traccia inconfondibile della giornata. La sua visibilità è tanto più difficile quanto più sono abili il pittore e le maestranze che preparano per lui il fondo, la superficie su cui dipingere. Michelangelo è considerato il miglior pittore a fresco di ogni tempo, anche per la sua perizia nel rendere quasi invisibile la giornata; dai suoi affreschi emergono, ad un attento esame, molte testimonianze della sua capacità di gestire il tempo in questa difficile arte. Osservarli utilizzando questa chiave di lettura è un autentico viaggio in un universo silenzioso, fatto di calcoli precisi, decisioni repentine, profondo amore e altrettanto profonda conoscenza dei materiali. E' un viaggio nel tempo, nel tempo di Michelangelo, i minuti, le ore che lui ha impiegato nel dar vita ad un'immagine dipinta, controllandone lo scorrere, nel breve spazio di un giorno. E tutto questo lavorio di mani e di pensieri, fitto, frenetico e incessante è lì, fissato per sempre sulla parete: i contorni di un corpo corrispondono quasi sempre a quelli di un giorno; quando non è così, quando un giorno non basta per dar vita ad un' intera figura, ecco che questa viene spezzata in più giorni, dipingendo separatamente la testa, il tronco, gli arti e ricollegandoli, amalgamandoli nuovamente in una continua e quasi biblica creazione: accostando sfumature e tratti leggeri di colore, differenziando i fondi di intonaco, mascherando nella perfezione dell'armonia pittorica la battaglia quotidiana fra un artista e il suo mestiere.
Nell'immagine, che riproduce uno dei quattro "Ignudi" del "Sacrificio di Noè", sono ben visibili le tre giornate occorse a Michelangelo per portare a termine l'intera figura: la testa, il tronco fino all'inguine e le gambe insieme al loro sfondo. La separazione fra una giornata e l'altra è chiaramente visibile lungo il braccio sinistro e intorno al capo; la riunione delle tre all'interno della figura è abilmente mascherata con sfumature dell'incarnato (su collo, inguine e anche) e nell'ombra proiettata dal polpaccio destro sul basamento che funge da seduta all' "Ignudo".