Una ligure di Levante arrivata a Orani.

Piazza Piero Borrotzu, Chiusola (SP) Foto Google Maps

(Foto Google Maps)

Non fosse stato per questa quarantena il 25 Aprile lo avrei trascorso a Chiusola. È un paesino in mezzo ai monti in provincia di La Spezia, vicino alle montagne e le valli dove è nata e si è svolta la storia dei miei genitori. Sono molto legata a questi luoghi, ai boschi soprattutto, e alle mulattiere che li attraversano e che sono le strade delle mie origini più immediate. La storia di Pietro (Piero) Borrotzu però l'ho scoperta poco tempo fa, mentre cercavo in internet notizie sui partigiani sardi. Giravo in rete e virtualmente per le montagne della mia regione, quando ad un certo punto una storia più commovente e toccante delle altre mi ha costretto a fermarmi proprio a Chiusola, fra le montagne che infinite volte ho aggirato e fiancheggiato nelle gite domenicali con i miei. Cosa mi lega alla Sardegna, si può sapere? Perché quando calpesto la sua terra e respiro la sua aria mi si stringe il cuore come fossi una che ritorna dopo un lungo doloroso distacco? Mi avranno parlato di Piero Borrotzu fra i tornanti di quelle strade, magari senza dirmi il suo nome, ma mi avranno certo detto che era sardo e mia madre avrà pronunciato questa parola come faceva sempre, quasi sottovoce, con delicatezza, come quando si maneggia una cosa rara, e preziosa. Deve essere così che la Sardegna mi è entrata nel cuore nel modo che da viaggiatrice non so spiegare. 

A Chiusola la piazzola che da dietro il paese guarda verso il confine della Liguria con l'Emilia e la Toscana, verso Borgo Taro e Pontremoli, è intitolata a questo ragazzo sardo. Era studente a Sassari prima di arrivare qui e veniva da Orani, dalla Barbagia, dal Nuorese. Si nascondeva qui, a Chiusola, quando ci fu il rastrellamento e la gente del posto venne presa e condannata a morte perché rea di dare rifugio ai partigiani. Anche la mia bisnonna Giuditta si alzava di notte a friggere frittelle per i partigiani affamati che marciavano sulle montagne. Bussavano alla sua porta, lassù sui monti di Levanto non così lontani da Chiusola, e sussurravano :- Nonnina...nonnina abbiamo fame, hai da darci da mangiare? - 

Quante Giuditta avranno fatto lo stesso sui monti della mia regione? Infagottate e col cuore in gola per il terrore di essere scoperte in quell'attività clandestina e pericolosa nel cuore della notte in mezzo ai monti? E quante volte a Orani, al suo paese, Pietro avrà visto la sua casa accogliere gente di passaggio, di altri luoghi, e spartire il pane e dividere il vino? A Chiusola uscì allo scoperto facendosi fucilare per proteggere la gente che lo aveva accolto e protetto a sua volta e morì così, come un eroe, vivendo per sempre nel ricordo della gente per bene. Io credo però che non fu solo un gesto di straordinario coraggio e valore. Io credo che Pietro, lontano dalla sua Isola, in mezzo a quei monti in fondo così simili alle sue montagne, abbia semplicemente voluto ripagare l'accoglienza e la protezione con una moneta certamente sarda, la più preziosa, quella dell'onestà. Pietro era barbaricino, di prima del boom economico, era un barbaricino vero e in Barbagia, perfino oggi in questo sgangherato 2020, c'è ancora gente che la pensa così. Anche Francesco, il mio fratello "marghinesu" che vive a Sassari e che mi ha prestato le foto di Orani, ha negli occhi la stessa luce quando al nostro arrivo sull'Isola ci apre la sua casa e ci fa trovare in tavola ogni ben di Dio. 

Appena sarà possibile tornerò sulla piazzola di Chiusola. Ci sarà silenzio, lo so fin d'ora, e forse qualche verso di animale risuonerà fra la boscaglia. Ci sarà aria pulita e pensieri nuovi dentro la mia testa. Uno sarà andare a Orani, davvero e non con maps come ho fatto da qui. Desidero con tutto il cuore di andare a sedermi ai piedi dei ruderi di S. Andrea, sotto la Torre pisana che già da sola è un invito a fermarmi e cercare risposte. Ma prima di tutto mi siederò per terra, come un vero viandante in cerca di ospitalità e ascolterò la voce del vento che passa per la porta spalancata della chiesa in rovina. Sarò una ligure di Levante arrivata a Orani, con il ricordo di Pietro Borrotzu nel cuore e nella memoria.

Francesco Pau, Chiesa di S. Andrea e Torre Pisana, Orani (NU)

Francesco Pau, Chiesa di S. Andrea, Orani (NU)

Francesco Pau, Orani vista dai ruderi della chiesa di S. Andrea


2 commenti:

Costantino ha detto...

Una scelta felice, non solo per un pur importante aspetto letterario, ma ancor di più per amore, amore per i luoghi, più duraturo, alcune volte, di quello talora fragile o mutevole per le persone. L'amore per un luogo è per sempre.
Conosco un pochino l'entroterra ligure, e quelle strade ai tempi per me difficoltose che dall'Appennino avviano al mare.
La Sardegna, dove non sono finora stato, l'ho avvicinata attraverso i tuoi scritti appassionati e ricchi di storia e arte ed i gialli ambientati nella Saccargia scritti da Gavino Zucca. Senza rinunziare all'idea di andarci un giorno per vedere non tutto ma almeno qualche angolo un po'sconosciuto e apparentemente secondario di quel tutto.

red ha detto...

Non sono sarda, ma sento di poter osare suggerirti che in Sardegna c'è un posto per te, un posto che ti aspetta e in cui tu hai qualcosa da ritrovare. Quest'Isola incredibile è così, non ho più dubbi. È un pezzo di ognuno di noi, un pezzo dell'umanità più vera e duratura e in un suo frammento ognuno di noi, qualunque sia la sua provenienza, ha qualcosa da recuperare, un gioco di luce o un'ombra fresca in cui riconoscersi. Grazie per ciò che hai scritto.