Muretti a secco



"Il mare è appena increspato 
e piccole onde battono 
sulla riva sabbiosa. 
Il signor Palomar è in piedi
sulla riva e guarda un'onda. 
Non che egli sia assorto
nella contemplazione delle onde. 
Non è assorto, perché
sa bene quello che fa: 
vuole guardare un'onda 
e la guarda."

Questo è l'inizio di Palomar, libro di indicibile bellezza, album fotografico o forse, meglio, raccolta di immagini schizzate a penna, istanti di un signore solitario ma non solo. Lo rileggo spesso, è un libro musicale. Si sentono leggendo tutte le declinazioni di tempo che sono servite a comporlo: tempo di scrittura, tempo ritmo musicale delle parole e tempo per sceglierle, una ad una. Si sentono perfino gli intervalli di tempo fra una parola definitiva e l'altra, le pause impiegate per pesare, soppesare, squadrare le parole, come pietre di un muretto a secco, uno di quelli che fanno parte del paesaggio di Calvino e del mio, incastrate con estrema pazienza, sfruttando ogni punto di congiunzione, ogni possibile combinazione. Mi piace moltissimo leggere e rilegge l'inizio di Palomar. L'ho trascritto inserendo le andate a capo pensando alle pause caratteristiche del modo riflessivo e ligure di parlare di Italo Calvino, conosco bene quella cadenza e i silenzi precisi che prevede, ed è venuto fuori un passaggio di poesia. Se avesse vissuto più a lungo forse avrebbe scritto in versi, disponendo le parole secondo le leggi cosmiche della metrica. Le avrebbe solo radunate in costellazioni, giacché sono già fissate in ogni suo testo come sciami di stelle in un universo ancora da esplorare.

Nessun commento: