Pensare in sardo


Andrea Mantegna
Camera degli sposi, Mantova
particolare

Oggi mentre seguivo in rete una conferenza di Remo Bodei mi sono ritrovata ad ascoltare la sua voce come fosse una musica. Non è solo una questione di accento, sebbene i suoni che il sardo regala alla lingua italiana siano veri e propri accordi. Quello di cui parlo è la musicalità del pensiero. È questa lingua, così latina; la gente che la parla, che nasce in questo piccolo continente inosservato, che traduce il primo pensiero compiuto con la sua grammatica, sviluppa nel tempo la capacità di pensare in modo così logico e quindi così armonioso da trasmettere a chi come me ascolta da lontano la sensazione di ascoltare una partitura. Mi sono chiesta per molto tempo quale fosse il modo migliore per viaggiare in questa cultura straordinaria e per un po' ho pensato che fosse percorrerla a piedi, a passo lento e regolare, come si fa sulle crose, le vie pedonali liguri che sono come cuciture di pietra sull'orlo dei monti che arrivano al mare. Oggi però, mentre ascoltavo Bodei, mi sono resa conto che sto viaggiando in Sardegna per una via molto particolare, quella del pensiero, del pensare in sardo. Ho conosciuto molte persone che parlano questa lingua unica e viva, persone che vivono sull'Isola e nemmeno si accorgono di essere strumenti di un pensiero così musicale. La Sardegna è meravigliosa, ma la gente sarda è qualcosa di più particolare, è il respiro dell'Isola, è la sua linfa. Basta guardare la gente, basta ascoltarla parlare per ricevere le coordinate precise del punto dell'Isola in cui ci si trova, perché puoi essere a Sassari, ammirando l'acume, la colta ironia che traspare dalla sua parlata e ritrovarti di colpo fra le montagne di Oliena e riconoscere i posti, gli alberi, il fuoco acceso, l'inverno, l'orgoglio umile di essere parte vivente dell'Isola nel modo di parlare di una signora barbaricina dal cuore generoso e fiero, che ti accoglie offrendoti la sua casa. Ascoltare la lingua sarda è come salire sulla cima di un monte come ce ne sono intorno a Sassari, montagne diverse da quelle della Barbagia, prive di vegetazione e sormontate spesso da castelli costruiti da famiglie dai cognomi a me molto familiari, come i Doria, o più ancora i Malaspina e i Fieschi, conti di Lavagna, la cui storia si intreccia spesso con quella sarda e sassarese. Da lì lo sguardo arriva lontano e così accade ascoltando la lingua sarda, per via delle varianti che scorrono nelle sue parole e della straordinaria, coltissima musicalità del pensiero distillato con millenaria pazienza.




6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il dibattito sulla lingua sarda si perde nella notte dei tempi e probabilmente resterà irrisolto. Unica lingua con più varianti o più lingue da ceppi diversi? Da sempre si confrontano fior di studiosi e ogni volta che li ascolto i dubbi si rimescolano. Il gallurese, così simile al corso, cosa ha a che fare con il campidanese? E il catalano (Alghero), così incomprensibile anche a noi sardi...il carlofortino, ovviamente, è fuori discussione: è proprio ligure.
Qui a Cagliari, poi, prevale uno sleng unico, tipico delle città di mare esposte a tutti i venti.
L'elemento che unifica tutto l'hai trovato tu: il pensiero che si fa musicalità, lo spirito che muove gli occhi, che guida i gesti, al di là dei fonemi.
Pensare in dialetto riporta al focolare, al concetto di ospitalità, al calore domestico, al pane fatto in casa.
Parlare in dialetto, invece, è una forma di difesa, di corazza contro l'estinzione. Sa essere una caverna impenetrabile: non a caso, nella Prima guerra mondiale, gli addetti alle comunicazioni erano sardi per rendere incomprensibili agli austriaci (ma a tutti, in fondo) gli scambi di informazioni tra i reparti dell'Esercito italiano.
Ms

red ha detto...

Ms: Prima di tutto grazie per le parole gentili che hai sempre per ciò che scrivo, e poi grazie perché la tua riflessione è molto suggestiva e stimolante. Mi ha ricordato un corpo militare che avevo incontrato studiando la storia sarda e che mi aveva incuriosito molto per via del nome con cui era conosciuto: gli Austro-sardi. Dopo aver letto il tuo commento ho cercato in rete informazioni sulla sua costituzione, in precedenza non avevo trovato niente ma la mia ricerca non era stata affatto accurata. Oggi, nonostante la massima attenzione con cui ho cercato, non ho trovato nulla, il che mi suggerisce l'ipotesi che questo corpo militare risalga al periodo, molto breve, in cui la Sardegna fu assegnata all'Austria a seguito della guerra di successione spagnola del 1700 che cambiò l'intero assetto politico d'Europa e del mondo. Nel 1708, così dice la Storia, la Sardegna fu invasa dagli austriaci che assediarono Cagliari mettendo fine alla dominazione spagnola e tennero il possesso dell'Isola per quattro anni, prima di cederla ai Savoia. Ecco questo particolare dei quattro anni di dominazione austriaca e dell'uso dei soldati sardi nelle comunicazioni durante la Prima guerra mondiale per rendere incomprensibili proprio agli austriaci i messaggi e gli scambi di informazioni, mi sembra l'ennesima testimonianza storica della condizione di profonda ignoranza e incomprensione che ha sempre accompagnato la Sardegna in tutta la sua storia conosciuta. È come se la cultura occidentale non sia mai stata in grado di capire l'importanza di questa terra, il vero valore, ben più alto di quello per altro notevole delle sue risorse. Si parla da sempre della Sardegna in modo incredibilmente, sfacciatamente riduttivo. Tempo fa ho letto una ricerca sul ruolo geograficamente strategico della Sardegna nella conquista araba del Mediterraneo, ne avevo sempre sentito parlare in termini di scorrerie arabe lungo le sue coste, saccheggi e razzie, ma fu ben altro, fu un ruolo fondamentale svolto magari suo malgrado, svolto in modo coercitivo, subito certamente, ma non per questo meno capace di testimoniare l'importanza di quest'Isola nella storia umana di questa parte della Terra. La Sardegna e i sardi nella Storia appaiono sempre come una tecnologia molto sofisticata, maneggiata da scimmie antropomorfe.

Anonimo ha detto...

La sottovalutazione della Sardegna è certamente anche frutto dell'ignoranza e della superficialità nella lettura della Storia, ma dipende in parte da retaggi culturali isolani che, un po' per reali limiti un po' per strategia, hanno contribuito a costruire l'immagine di una società diffidente e retrograda. Credo sia una forma di difesa dal modernismo, dalla globalizzazione, dal finto progresso.
Ms

red ha detto...

Sono d'accordo, ma solo se ci riferiamo alla sottovalutazione con cui i sardi in genere giudicano sé stessi comparandosi ad esempio con gli italiani continentali, e comunque non saprei parlare di questo aspetto perché è troppo intimo della cultura dell'Isola, io mi avvicino alla Sardegna da fuori. Penso invece che ci sia una sottovalutazione colpevole, premeditata del valore storico e culturale della Sardegna da parte di chi l'ha dominata nei secoli fino alla dominazione italiana, a seguito dell'unità d'Italia. Le scimmie antropomorfe che hanno maneggiato una tecnologia molto sofisticata siamo noi, è la cultura che purtroppo anche io rappresento, quella che ancora oggi sforna imprenditori che si arricchiscono con le risorse sarde disprezzandone la cultura e il reale valore. Pensa quanta ignoranza e ottusità c'è nel sottovalutare la lingua di un popolo appena conquistato che un domani si rivelerà fatale proprio per quel conquistatore e pensa l'ignoranza di chi, dopo aver beneficiato dell'efficienza di quel mezzo, a conflitto finito torna a parlare dell'Isola come di un posto dimenticato da Dio. Più vado avanti più mi convinco che sia una questione di tempo, di cognizione del tempo e di misurazione e che la Sardegna sia una terra in cui il tempo viene misurato secondo altri punti di riferimento, molto più semplici e molto più essenziali, tali da far sembrare ad occhi poco attenti questa terra come un posto fuori dal tempo, mentre in realtà la cultura sarda domina un tempo molto più ampio, un'altra era geologica a venire, ancora sconosciuta al resto dell'umanità. Sono convinta di questo e mi scuso per averlo espresso con troppa passione, ma ne sono davvero convinta.

Elio ha detto...

Dopo tanti dotti commenti ho quasi vergogna a non conoscere Remo Bodei. Corro ai ripari e ti faccio i miei complimenti per questo post. I francesi vanno matti per la Sardegna raggiungendola facilmente dalla Corsica. Un caro saluto e buona settimana.

red ha detto...

Grazie Elio, di Bodei si trovano molti interventi in rete, uno dei miei preferiti è questo

https://www.youtube.com/watch?v=808mYKGZc48

i contatti con la Corsica hanno lasciato molti segni nella storia e nella cultura del nord della Sardegna. Ho da poco scoperto un canto a chitarra chiamato Corsicana, molto suggestivo e bello. Anche di quello si trovano diversi video, interpretazioni maschili ma anche di Maria Carta. Un caro saluto e buona settimana a te.