In cima

Photo:  orionmax


Ieri sulla sommità di uno dei cipressi che affiancano il sentiero che percorro ogni giorno si è posata una cornacchia. Sembrava un esercizio di equilibrismo: il suo corpicino dall'apparenza così pesante, così poco leggiadra, aggrappato per pochi secondi alla cima esile, precaria, del cipresso. Mi ha fatto pensare ad una pennellata di nero involontaria e al peso specifico di certi pensieri cupi, che arrivano volando e ci si accorge del loro peso reale solo quando si ha modo di vedere che non sanno stare in cima, lassù in alto, per più di qualche secondo. Le cornacchie qui da noi passeggiano nel letto del torrente, quando non è in piena. Camminano come passanti svogliati e non interessano nessuno. Certo che non lo so, per quale ragione una cornacchia provi ad atterrare sulla cima di un cipresso...ho cercato in rete una fotografia e l'ho trovata e chi l'ha scattata spiega di come la bestiola ritratta si posi spesso sulla cima del cipresso di fronte al suo terrazzo.  Quindi ora so di due cornacchie almeno, che si cimentano in questo spettacolo circense, ma certo non so perchè lo facciano, il che mi invita ad immaginare che la ragione stia nell'esercizio stesso. Mi piace pensare che in questo modo la cornacchia si prenda una meritata rivincita sul resto del mondo, mostrando a tutti e soprattutto a sé stessa, che il trinofo è un fatto molto privato. Chissà che cosa pensa, dopo, quando si stacca un po' maldestra dalla cimetta ricurva verde chiaro e va a posarsi sul campanile della chiesa lì vicino. Chissà se mi vede, se tiene conto di me, del mio passaggio, se sa di poter fare qualcosa che per me è impossibile e della struggente suggestione che mi regala, mentre assisto al suo spettacolo: che la fragilità sta sempre sulla cima, al di sopra di ogni cosa.



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