"...che sei venut'a quest'hora..."



Dunque...ci ho pensato bene: la rete permette, con un po' di fortuna, di "incontrare" la sensibilità di altre persone e di dialogare con essa. E allora...perchè non dovrebbe essere possibile con una città? Se è possibile, da qui, intuire le variazioni di colore che fanno dell'animo umano la più bella creazione della Terra, perché non dovrebbe esserlo ascoltare, da qui, la voce sommessa di una città? Incontrarla per caso, quasi inciampare nelle sue pietre; gettare su di essa uno sguardo un po' distratto e accorgersi che c'è una somiglianza o forse solo che si ha desiderio di ascoltare ciò che racconta; non averla ancora vista e pregustare con estrema sobrietà il momento in cui ci si incontrerà, nel segreto assoluto di una via affollata. Una città è come una casa: un tavolo, una sedia, un'imposta aperta a metà, non sono dettagli disseminati a caso: spiegano, descrivono passaggi, decisioni o indecisioni, partenze o ritorni, attese. Così è per una città, per questa città: spigoli come spartiacque e mura, finestre, incroci fissi come muri maestri, intoccabili strutture di una storia. A certe città, a questa, ci si dovrebbe avvicinare in volo e atterrare solo dopo un ampio giro, uno sguardo d'insieme capace di fissare bene in mente i confini della sua forma, la luce dominante, il buio, quanto di più lontano è in grado di trasportare l'aria fino al più nascosto dei suoi angoli. Sorvolare senza fretta, imparando a riconoscere ogni ruga, ogni anello, ogni sussulto umano nel suo tempo. Poi scendere, atterrare finalmente nel punto esatto in cui prende vita la sua prospettiva più eloquente e camminare, attraversarla senza sosta finché i piedi siano in grado di orientarsi da sé e la mente e l'anima possano permettersi il sollievo di essere una cosa sola. Poi fermarsi, in un punto preciso, inspiegabilmente scelto da prima, prima del volo, prima dell'inciampo e riposarsi.

 
La Bella Noeva
Marco Beasley e Ensemble Accordone

3 commenti:

Patzy ha detto...

Quindi non era possibile? Perdonami, ma ero già avendo questi "dialoghi" con gli angoli interessanti da diverse citta che ho visitato (inoltre la mia stessa). Quando sono stata nel tuo paese, l'ho fatto tante volte! Lo giuro! Quelli vecchi pareti hanno tanto da raccontarci! Ancora oggi mi ricordo alcuni segni. Non c'è da stupirsi di questa mia pazzia, dalla quale ti avevo già commentato. Beh, come si vede, dopo di tutto, almeno ora so che siamo entrambi le pazze! E si gode tanto di questo rapporto con i segreti d´una cittá...non é vero cara amica!
Ottimo 2014, Red e grosso abbraccio.

red ha detto...

Sì, è vero cara Patzy...è un'autentica gioia! Come lo è trovare qui le tue riflessioni e le tue emozioni: grazie per la tua presenza, soave eppure vivissima. Un abbraccio!

Costantino ha detto...

Ho sempre avuto un rapporto difficile, ma costante con la città.
Luogo arduo da praticare per chi viene dalla campagna.
Prendo a prestito le scarpe da tennis di Jannacci e la giro volentieri guidato da una cartina strappata da una di quelle guide turistiche che vengono pubblicate ogni anno, sempre sostanzialmente eguali.
Con la cartina mi oriento per vie, chiese, monumenti e sporadicamente musei, e ne vivo criticamente la confusione alla ricerca della essenza del luogo, guidato dai versi della canzone di Gaber ( Quant'è bella la città). Canzone che disattendo, perché me ne torno alla fine in campagna.
E credo che l'essenza della città sia nella sua gente senza identità, nei suoi bus di linea, nella ordinata indeterminatezza in cui ciascuno confluisce.