Di Grigio e d'Azzurro

" Si scoprono diagonali di luce nei vetri delle chiese / scappano delineando lucidi versi chini."

da " Disegnami in un mosaico" (2010)

Continuo a pensare, forse con maggiore convinzione rispetto a qualche tempo fa, che la Poesia in rete sia penalizzata. Lo è probabilmente sotto molti aspetti ma, principalmente secondo me, dal punto di vista della sua lettura. I testi poetici, scritti sulle pagine elettroniche, perdono molto della loro consistenza, mentre la carta ne è fedele testimone, naturale supporto, rassicurante struttura. La Poesia è così volatile, così impalpabile! Poterla tenere fra le mani, poterle conferire un profumo particolare dato appunto dalle pagine del libro che la contiene, permette a chi la ama di trattenerla non solo con l'anima. Una foglia, un'annotazione a margine, una macchia di caffè, sono indicatori di dov'ero, con chi e perchè, quando leggevo per la prima volta quelle righe, mentre mi riconoscevo in esse e trovavo sollievo ad un cercare affannato e senza pace. Sono la stampa definitiva di quei versi nella mia vita. La Poesia, più della prosa secondo me, deve essere stampata, impressa nero su bianco sulla trama di un foglio di carta, dentro un libro vivente. I versi di una poesia sono quasi sempre la giusta sintesi, l'appunto da non dimenticare, la chiave da non smarrire più. Ho scaricato tutte le poesie di grigioazzurro, nome grazie al quale si svela in rete una persona vera, dalla voce poetica bellissima. Ho costruito qui tre pagine di un libro ideale, per ospitarla, e invito chi passa da qui a leggerle come se fossero concrete, reali, vere, tanto quanto è vera la voce poetica di grigioazzurro, che ringrazio per aver dato un valore immenso al mio copia-incolla con la sua personale approvazione.

1

Sguardo fluttuante

Mi prendi la mano
e cominci a parlare del tempo
prendi il tempo ed inizi a piegarlo
ma come la carta
ad ogni piega
aumenta lo spessore
aumenta la rigidità

lo spazio sacro che delimita il confine
tra il suolo che calpesti
e lo sguardo al cielo che perdi

il tempo rimane leggero
quando il vento lo soffia e lo fa volare
il tempo schiaccia quando è fermo
quando il vento può solo deviare il suo tragitto
quando siamo ancore piantate a terra

l'occhio cade sulla mano
e osserva le strisce del vento
i suoi percorsi paralleli
osserva nel profumo dell'anima
l'infinità di particelle
l'ombra del solco
il sapore sulla lingua
il pizzicare in fondo al naso

ora c'è questo minuscolo bigliettino
da aprire e forse conservare
da aprire e scoprire
quante facce e quante schiene
quanti strati e chi li ha piegati

grigioazzurro,2012


Aria nuova

Dammi ancora un caffè
e non truccarti per i tuoi pensieri tristi
non truccarti per i miei pensieri cattivi
dammi ancora un caffè...
che il cielo splende
e l'aria profuma di nuova intensità.
grigioazzurro, 2011

Fuga n.2

Un Cristo nuovo ormai vecchio
ormai morto,
scoperto senza vita
pieno di vita,
nella resistenza
nella rivoluzione,
nel valore di una esistenza
nel sacrificio incondizionato,
nel suo nome
nel nome di un uomo
... vivo.
grigioazzurro,2011

 2

 Il ballo di San Vito

volano in cielo gli aerei da combattimento
è una guerra fredda
è una guerra fredda nel bene
nel male della mia povera insensibilità
bastava non esserci..
grigioazzurro, 2011

Istantanee

basta così poco
per essere da una parte
o dall'altra
basta così poco
per non sapere nemmeno
da che parte muoversi
essere sopra ad una linea
e non sapere
in quale lato sia il precipizio
in quale la salvezza

basta davvero poco
strappando a morsi un istante
tagliare di netto uno schema
lacerare muri che non esistono
ritrovarsi come per incanto
in un incubo fluttuante
pelle tremante
adrenalina pesante
pensieri lucidamente comatosi
sparsi nell'orto delle esistenze

sei nato
non sei nato
sei morto
non sei morto
hai amato
hai tradito

ogni istante
una linea
grigioazzurro, 2013

Mind games
 
gioca il pensiero
nella lentezza dell'anima
gira il sollievo
nella vela arrotolata
della quieta trasparenza
il riflesso del faro
grigioazzurro, 2011

3

L'ombra in scatola

Camminavo in quella strada
di sassi pietre e zolle d'asfalto
in un labirinto di vie e idee appesantite
inseguendo l'ombra della città

Pezzi che ritornano
e si aprono in ferite abbandonate
come merce che dovrebbe essere avariata
perchè troppo vecchia per essere intatta

Invece è li a guardarti
e non produce nessuna nausea
nessun disgusto
ti accorgi che non tutto muore per sempre

Sempre più rapidi nello sguardo
attraversiamo veloci la via che porta più lontano
senza capire di essere ancora fermi
in quel territorio torbido

le parti di noi
intrappolate nel passato.
grigioazzurro, 2011
 senza titolo
 
Al posto del destino
ho comprato un biglietto.
Volo in un aereo di carta
con la punta bagnata
inumidita da un alito di vento e pioggia.
Nessun passeggero si nasconde
nessuna strategia
e nessun atterraggio d'emergenza.
La testa piegata in avanti
solo per farmi guidare meglio
dal vento,
da un aquilone,
da un sentimento.
Cammini a piedi nudi sulla luna
a piedi nudi lungo le mie vene
ne annusi l'odore
riscaldi l'umore
quasi perso.
Una catena di bicicletta
cadute e rimessa in piedi.
 grigioazzurro, 2010

Disegnami in un mosaico

Si scoprono diagonali di luce nei vetri delle chiese
scappano delineando lucidi versi chini.

Si aprono angoli nel cielo in giornate di chiasso
appena anticipi fluidi vasi rotti.

Un rumore sordo scuote le lastre
un rumore sordo vibra da dentro.

L'anima mi respira
e sono ossigeno non buono
quando rifletto solo paura.

Respirami lentamente
dividimi
differenziami
tieni di me
solo quel poco
quello che serve.

grigioazzurro, 2010



Trasportare



Per mia inclinazione identifico sempre la bellezza con l'inconsapevolezza. La Bellezza, per me, è più vera quando non sa di esserlo o quando non sa di essere vista. Da piccola trascorrevo ogni estate un peridodo di vacanza nella casa della mia nonna paterna. Era un posto incredibile, per me, pieno di tracce di un passato che oggi a mia figlia sembrerebbe arcaico, se potesse vederne quei piccoli segni. Arrivavamo là, sul crinale del monte con l'automobile ma, una volta scesi, tutto intorno a noi testimoniava abitudini diverse, ignare della possibilità di spostarsi senza misurare i passi. Nel tratto di mulattiera lastricata, che dalla strada asfaltata portava alla casa di mia nonna, incontravamo sempre donne del posto, di età indefinibile per me allora, che percorrevano quei sentieri trasportando carichi pesanti con una grazia innata che mi colpiva ogni volta profondamente. Erano contadine che portavano grandi gomitoli d'erba profumata fino alle stalle, alle loro "bestie", o fascine ordinate di legna di erica e d'ulivo per i forni e le cucine e quasi sempre trasportavano quei pesi sulla testa, in meraviglioso equilibrio, raramente sulle spalle. Era solo lo svolgimento di un compito, faticoso e quotidiano, eppure quello che mi è rimasto di quegli incontri ha ben poco a che vedere con la fatica. Le donne trasportavano l'erba dentro grandi scampoli di stoffa che per l'usura aveva perso del tutto o quasi il colore. Avevano una maniera di legarne le estremità in nodi saldi eppure morbidi e così facendo l'erba frusciava al ritmo del loro passo cadenzato. Un profumo aspro e dolcissimo si liberava ad ogni passo e i fili d'erba spada o certi fiori dagli steli lunghi uscivano dalla stoffa e ricadevano giù, come i loro capelli raccolti che ho sempre immaginato profumati d'estate. Erano bellissime quelle donne e mi tornano in mente quando, come oggi, ho necessità di recuperare un modo efficace, sicuro, di trasportare la bellezza, di portarla con me fino a sera. Col tempo ho pensato spesso ai libri come a fasci d'erba tagliata o di legna, per ardere: un raccolto veloce, immediato, benedetto, di ciò che è germogliato e sbocciato nella sensibilità di un autore e i libri mi sono sembrati spesso proprio come quei "mandilli" annodati con grazia: contenitori improvvisati ma efficaci per trasportare la bellezza più interiore. Ci sono molti modi di trasportare la Bellezza di cui abbiamo bisogno e quando lo facciamo, io credo, tutti noi siamo bellissimi come lo erano quelle donne, mentre portavano alle stalle un po' dei prati su cui avevano camminato, su cui si erano sedute e avevano riposato.  Anche le persone che passano da qui e si fermano anche solo un po', mi ricordano quelle donne sul sentiero: ho scritto questa piccola riflessione per invitarle a fermarsi un momento, sul passo in discesa o in salita, come facevano quelle donne percorrendo quelle antichissime connessioni di pietra. Alcune salutavano soltanto, spalle e colli eleganti, tesi sotto l'ombra di quei giganteschi cappelli di fieno; altre si fermavano e sorridevano parlando del tempo, del grano, dell'uva, delle olive che avevano fatto scivolare dal ramo alla tasca del grembiule; altre ancora posavano a terra il loro carico  e raccontavano cose importanti, difficili da condividere o troppo gioiose per poter essere  dette senza scuotere il capo o annuire o piegarlo sorridendo, maliziose; tutte però riprendevano la strada diligentemente, come scolari che imparino a scrivere dentro il limite dei margini di un foglio. Mi piacerebbe che voi che passate da qui, da anni, da poco o per una sola volta, descriveste come portate con voi la Bellezza di cui avete bisogno: quale forma ha il fagotto che portate in testa, quale suono, quale consistenza. Nessuna delle donne che incontravamo allora spiegava mai a cosa servisse il contenuto del suo carico. Questo mi insegnava la discrezione, l'intimità inviolabile e mi lasciava addosso la sensazione che la buona ragione di quel trasportare, con fatica, con ostinazione bellissima, avesse un grande valore anche per me. 



Patzy:

 - I tuoi post sono , per me , una sfida idiomatica ! Haha! Ci proverò ... Molti anni fa , quando avevo appena 18 anni, ero in collegio e come parte della mia carriera , studiavo "estetica" . Ricordo che nella prima prova , per la quale aveva studiato duro, sai : Kant . Heidegger , Aristotele , ecc, ecc , ero di fronte al tavolo d'esame con un sacco di paura , che poi crebbe quando l'insegnante mi ha chiesto : "cosa é la bellezza è per voi ? !" Immagina , né Kant , né di Heidegger , non ad Aristotele ! PER ME ! A 18 anni, si può dire che cos'è la bellezza ? Tu stessa lo hai insinuato quando hai scrito " a mia figlia sembrerebbe oggi arcaico" ... Ovviamente , nel corso degli anni , nemmeno oggi non saprei dire che è la bellezza per me, perché , probabilmente , mi metterei in tremendo " berengenal "( come si dice qui su qualcosa di complicata come un misto di melanzane ) . Ma ti posso dire , però, che io cerco di portare la bellezza delle piccole cose , nei piccoli eventi quotidiani . Sarà l'età , forse ! Io di solito vado per le strade di Buenos Aires guardando "sopra". Mi godo dei pochi uccelli che solcano i cieli , i cornicioni dei vecchi edifici storici e immagino le vite che avrano trascorsi nelle loro ombre , preferisco ammirare le piante e fiori, sentire sia il rumore dell'acqua, come il suono del silenzio. Ma non è tutto, poi come io amo la fotografia e anche dipingo, faccio a combinare entrambi gli hobby e catturo quello che vedo, ma senza nessuna telecamera, solo nella mia mente, e poi ci provo, quando torno a casa, di volcarlo su una tela (perché non so se sai che dipingo!). Quindi non mi accontento solo di guardare la bellezza, ma anche provo di catturarla, non so se ci riesco, ma mi piace, proprio come te, nei ricordi che ci hai raccontato. (sará questo che hai domandato? Chi lo sá! Ma é proprio questo, quello che il tuo scrito ha ispirato in me! Abbraccio, Red. -


Soffio:

-  Come é difficile scrivere della bellezza senza cadere in luoghi filosofeggianti che magari non si sono mai sperimentati. La bellezza è sotto i nostri occhi quando guardiamo qualcosa di molto bello, nella natura, in un quadro, in un animale variopinto. Ma la più bella bellezza è quando possiamo aprire l'Anima, quando sentiamo che la situazione, o la persona che in quel momento stà con noi ci permette di toccare quello stato, quel qualche cosa, quella energia che nessun altro ci ha consentito. La bellezza é stare tra le braccia di una persona. La bellezza é nella natura ma non ti abbraccia. Una persona ti abbraccia, e se con quella persona puoi sentire che tutto il resto non esiste, che sei unico, che di quella persona puoi fidarti, che a quella persona puoi dire quello che fino a un minuto prima non avresti detto neppure a te stesso, allora sei nella bellezza dell'Anima. Allora sei "oltre", puoi piangere di gioia e non riesci a fermarti, e neppure vorresti fermarti. E quella persona ha oltrepassato i tuoi confini, le barriere che accuratamente sono state erette e tenute ben salde, e non le ha viste, ha messo una mano sull'Anima e in un attimo a scoperchiato i cassetti che tenevi ben chiusi.Quella persona é bellissima e tu sai che non é vero, non é bellissima ma non ti importa, é davvero bellissima, fuori dal tempo e dallo spazio, e quello che fa é bello, quello che dice é bello, come lo dice é bello. E verrà mattina, ci si dovrà alzare, si dovrà sellare il cammello, preparare la sacca, passare il panno davanti al volto per ripararsi dalla sabbia che impietosa frusterà il volto. Si dovrà affrontare un altro pezzo di deserto, ma una prossima oasi sarà bellissima se sarà ad aspettarti. - 


Anto:

- La cosa più bella della bellezza è che sa essere trasversale e fortemente democratica.
La bellezza oggettiva che tutti riconoscono come tale, risponde ai canoni estetici, comunemente riconosciuti, del bello.
"Quando giudichiamo bello un oggetto, un'opera d'arte, una persona, un paesaggio, nel nostro giudizio si manifesta qualcosa che 'sentiamo' e che nello stesso tempo - come dimostra la Critica del giudizio (1790) di I. Kant - non riusciamo a 'dire', ovvero a definire, in termini logico-concettuali. Giuseppe Di Giacomo"

Infatti, non riusciamo a dire perchè ci piace...
Ecco la bellezza soggettiva che ci lascia liberi di vedere belle le nostre non bellezze.
Ed ecco che è il nostro sentire personale che ci fa vedere bello tutto ciò che a noi piace. Per me per esempio il bello sta nell'imperfezione, incredibile no?!

La soggettività di vedere la bellezza ci rende tutti "possibilmente" belli.

Ed ecco che siamo liberi d'innamorarci del campanaro di Notre Dame, o dei quadri di Ligabue o del piccolo punto bianco che interrompe una foglio completamente nero. Di un albero nato storto, delle mani di un vecchio rovinate dal lavoro e dell'abbraccio alla sua donna, dal volto rugoso e sfatto, illuminati, entrambi, da un bellissimo, sdentato, sorriso... -


 

Mansardo:

 Io non riesco a scindere la bellezza dall'emozione. Qualcosa o qualcuno è bello se mi emoziona, se non mi lascia indifferente. Il fattore estetico è soltanto uno degli elementi che compongono il concetto di bellezza e, probabilmente, nemmeno il più determinante. Quando si dice "una bella persona", il riferimento a canoni estetici è del tutto superfluo.C'è molto di più. E' qualcosa che ci tocca, che ci colpisce.Il luogo comune "non è bello ciò che bello, ma è bello ciò che piace" nasconde una grande verità: la bellezza è inutile se non emoziona, se ci lascia uguali a come ci ha trovati. Cioè la bellezza è uno stato mentale, è una carica di esplosivo che sta negli occhi di chi guarda o nelle orecchie di chi ascolta, ma ha bisogno di un detonatore, di una scintilla, altrimenti non fa scattare l'emozione, non lascia il segno. Quando diciamo "è una bella musica, ma..." "è un bel dipinto, ma..." siamo cortesi, garbati, talvolta elusivi. Non emozionati. La bellezza in se e per se non è un valore, è un requisito disinnescato, formale, al quale si potrebbe dare tranquillamente un altro nome.E allora qual è questo detonatore, questo comburente senza il quale la bellezza è soltanto un bel caminetto senza fiamma?E' il fascino.La bellezza senza fascino è muta. Una vela perfetta, senza vento resterà perfetta ma inutile. E non ci farà spostare di un centimetro.Inconsapevolezza, diceva giustamente Lory.Involontarietà, aggiungo io. La bellezza non deve essere forzatura, frutto di calcolo. E' spontanea. La costruzione della bellezza è il tentativo di conferire fascino a qualcosa che non ce l'ha. Niente è più istintivo e naturale del fascino. A un fiore finto puoi aggiungere il profumo, ma sarà comunque finto.Ha ragione anche Anto, il bello sta nell'imperfezione.La perfezione è noiosa e fredda, non emoziona perchè tende a creare una frattura tra se e noi. E' terribilmente statica e definitiva, incapace di sorprendere, senz'anima.La vera bellezza, piena di fascino, sta nell'armonia dei difetti, in un sistema equilibrato di imperfezioni che si completano e trasmettono emozioni. E' materia viva, mai scontata, mai prevedibile.

...e nel nome dell'amore...

Ieri sera è entrato nel nostro salotto l'ultimo spot di Nutella. Mamma mia...è un Bignami di Psicopatologia. Superato il primo quarto d'ora di furibonda indignazione, durante il quale ho cercato di smorzare la mia indole battagliera, per spiegare nel modo più chiaro possibile a mia figlia, adolescente, l'importanza di possedere sé stessi e il significato della parola "fidelizzazione", sono stata confortata, consolata e stimolata in altra direzione da un pensiero subitaneo ed entusiasmante: non siamo soli! Se la globalizzazione ha dei meriti, dei lati positivi, questo è sicuramente uno: non siamo i soli consumatori di Nutella sulla faccia del pianeta Terra. Così sono andata in rete a cercare lo stesso spot in altre lingue europee. Ho trovato lo spot in castigliano e in francese, quest'ultimo targato NutellaBelgique. I tre spot pubblicizzano lo stesso prodotto e con la stessa intenzione: venderlo, ma sono diversi fra loro ed è questo che li rende davvero imperdibili. Suggeriscono infatti, tutti e tre, innumerevoli riflessioni e considerazioni sulle società linguistiche e culturali cui sono diretti e sugli individui che le compongono, visti dal lato della loro vulnerabilità sociale, lato prediletto dai comunicatori del marketing. La cosa che mi ha colpito di più, confrontandoli, è la differenza di età del protagonista principale dei diversi spot, o meglio, la differenza di livello di apprendimento e di esperienza autonoma. Sono davvero innumerevoli le cose che potrei dire dopo aver guardato lo stesso prodotto, lo stesso intento commerciale da tre strutture culturali differenti, ma lascio a chi ne avrà voglia il piacere di scoprire le proprie attraverso l'esperienza diretta della visione degli spot. Desidero invece fermare qui, in questo spazio solo apparentemente mio, una riflessione come fosse un appunto circa qualcosa da tenere ben presente, soprattutto adesso, in questo momento particolare della storia del mio Paese. Quello che emerge, infatti, dal confronto dei tre messaggi pubblicitari è il livello estremamente basso di esperienza di colui che la comunicazione in genere individua come l'Italiano medio: nello spot spagnolo c'è un bambino che, con l'aiuto di mamma e papà, afferma la consapevolezza di sé stesso contrassegnando col proprio nome gli oggetti della sua quotidianità. È però la mamma, cioè l'adulto, a contrassegnare il barattolo con il nome del bambino e l'ultima scena dello spot vede il piccolo abbracciare la madre, dissolvendo così anche l'ultimo dubbio circa la possibilità che la cioccolata in barattolo possa essere una figura affettiva. Nello spot belga l'autonomia del protagonista, chiaramente all'inizio del periodo adolescente, mostra una ulteriore maturazione: il ragazzino scrive su un barattolo un nome femminile e va a consegnare la cioccolata alla persona che risponde a tale nome. È chiaramente una ragazza più grande di lui, quella che gli apre la porta sorridendo e che accetta il dolcissimo pensiero ricambiandolo con un bacio. Anche qui la figura affettiva non è il prodotto e l'ultima inquadratura dello spot vede una chiara dimostrazione della condizione fisica ed interiore di un ragazzino intorno ai dodici anni: una credenza zeppa di barattoli di Nutella dai nomi femminili più diversi...una vera e propria tempesta ormonale. Nello spot italiano il quasi cinquantenne, mio coetaneo, seduto al tavolo che fa colazione è identico in tutto e per tutto al bambino che apre lo stesso spot. È identico perché così vuole lo spot, perché è il protagonista visto dall'infanzia all'età adulta, ma è anche identico sotto altri aspetti: la carezza della madre al bambino è la stessa della figura femminile al protagonista ormai adulto e la colonna sonora da carillon pro-nanna, che accompagna il personaggio per tutto lo spot, mantiene una sensazione temporale ferma alla prima frase pronunciata dalla voce guida: sei nato Stefano. Questo, oltre ad altri dettagli che ometto per non dilungarmi troppo, determina la natura di questo spot e ne fa un lieto annuncio: il lieto annuncio di una nascita. Inoltre in questo spot la figura affettiva è la cioccolata, anzi, è questa alla fine la sola a conoscere il vero nome del protagonista, il nome di battesimo. Come la mamma. Conclusione: il consumatore medio italiano possiede l'esperienza conoscitiva di un neonato. Il consumatore medio italiano acquista per bisogno d'amore. Finirà che voterà anche per amore. O lo ha già fatto?

Piccola nota gastronomicoanagrafica: io sono del '64, ho compiuto 49 anni e si vede: sono maturata, ho esperienza di moltissime cose, so stare da sola, ho bellissime rughe e desiderio di insegnare ciò che so a quelli molto più giovani di me. La Nutella è nata nel 1964, ha compiuto 49 anni come me, e si sente: non è più quella di una volta.



 

Scene da un Hopper

Edward Hopper
Cape Cod Morning
1950


 La casa volante
( grazie, Signor Rodari)


Un trasloco non è cosa da niente. Non è tanto per la fatica di impacchettare la vita in scatole che non si rivelano mai della grandezza giusta: quella è sopportabile. Un trasloco è una questione di manovre. Occorre essere guardinghi, ma anche decisi e rapidi, senza incertezze. Non perdete di vista le coordinate, suggeriva la guida illustrata, con tono sottilmente allarmante e Kate non smetteva di ripeterlo, sottovoce, ben sapendo cosa avrebbe rischiato, se non avesse seguito alla lettera quel consiglio così premuroso. A molti, infatti, era capitato di non riconoscere più il panorama fuori dalle finestre; ad altri  di non sopportarlo fino a sfuggirlo, nei fine settimana, con la determinazione che hanno i sognatori quando fuggono dal risveglio. Kate sapeva bene che la manovra più importante fra tutte era quella di atterraggio, per questo strinse più forte i comandi mentre sentiva la casa riponderle docile nella discesa.  Orientò il bow window verso il prato ancora incolto, perché sapeva quanto piacesse a Robert sedersi davanti alle finestre la sera, insieme a lei, a guardare la luce liquefarsi piano sul margine appuntito dell'orizzonte. La casa si fermò nell'istante esatto in cui la voce di Robert salì dall'erba secca fino a Kate:- Sei bellissima così, non muoverti - e poi, camminando verso di lei:- saremo felici qui, lo sento. - Kate socchiuse le labbra, per pronunciare finalmente quelle cinque parole che aspettavano da troppo tempo di essere dette. La casa intanto era del tutto stabile, ferma, solida. Sembrava germogliata nel prato.


Dave Brubeck
Take five
TheDathi