La carta igienica e la decadenza

 Thomas Couture
I Romani al tempo della decadenza

Siamo, la mia familgia ed io, contribuenti ad una società usa e getta; me ne accorgo soprattutto quando sono finiti i tovaglioli di carta e ogni volta mi dico che sarebbe meglio riabituarsi al tovagliolo di stoffa, contrassegnato dal portatovagliolo, meno igienico se vogliamo, ma molto più ecologico perchè riutilizzabile. Tuttavia oggi la mancanza di tovaglioli di carta e di carta da cucina sostitutiva, mi ha fornito la possibilità di mettere in tavola, insieme al pranzo, anche una bella riflessione. Sono andata a prendere alcune strisce di carta igienica da un pacco di scorta in dispensa( precisazione importante) e le ho messe ripiegate con cura accanto ai piatti, come tovagliolini. Mia figlia, abituata alle mie soluzioni "estreme", sulle quali lascio decisamente fantasticare quanti leggeranno questo post, non ha detto niente, anche se non ha nascosto una certa aria di perplessità. Da questa ha preso il via una bella chiacchierata sull'apparenza e l'essenza delle cose. È stato come pranzare sulle rive di un fiume quieto ma al massimo della sua portata: considerazioni, intuizioni, rivelazioni di inaspettata ovvietà si sono susseguite per tutto il pranzo. Per quale motivo perdiamo di vista l'essenza di una cosa, di un concetto, e in quali circostanze ce ne rendiamo conto o riusciamo a recuperarla? Una parola può essere ancora considerata indicatore di un bene, di un concetto astratto che soddisfi le nostre necessità oppure le parole stanno attraversando un momento di profonda decadenza, data non dalla perdita progressiva della loro forza, del loro potere creativo( come dice il vocabolario), ma anzi dall'eccesso di utilizzo, dall'inflazione, dal sovraffollamento? La parola carta, ad esempio, credo sia una di quelle che ricorrono di più nella quotidianità di un italiano medio, eppure se finiscono i tovagliolini o i fazzolettini igienici, la nostra coscienza ne registra la mancanza e corre ai ripari con il subitaneo acquisto degli stessi. Poco importa che in casa ci sia altra carta utilizzabile: non ci viene in mente di usarla perchè non corrisponde all'idea che abbiamo della carta da usare in quel momento. È come se le parole, che sono l'dea di un oggetto o di un concetto, fossero state sostituite dall'idea di parola, assegnando ad ognuna caratteristiche ben precise e parametri di riferimento per identificarne la funzione. Questo succede, penso, con una moltitudine di termini, di vocaboli e di conseguenza di concetti o beni che con essi vengono identificati, codificati nel linguaggio comune. Prendiamo ad esempio la parola "decadenza". L'impero Romano decade ogni anno per gli studenti di "prima media" e insegna, attraverso lo studio della Storia, che la decadenza è un processo di impoverimento, di perdita che si rivela negativo non perchè esprime la fine di una potenza militare, economica e culturale, ma  perché indica l'incapacità di questa di gestire il potere in modo forte, creativo, produttivo. Che idea curiosa indicare con questa parola la meritata perdita di una carica pubblica. Sembra di trovarsi di fronte anche qui ad un processo degenerativo e non ad un dato di fatto, ad una comprovata e certa defenestrazione per incapacità e mancati meriti a tale carica. Si potrebbe addirittura pensare che anche la perdita di una carica pubblica, e dei relativi privilegi, sia qualcosa che deve accadere con una certa lentezza, seguendo un iter, una sorta di periodo improduttivamente conducente verso la fine. Anche qui, in un certo senso, l'idea di parola si sovrappone alla parola come idea. Se volessi guardare le cose con ottimismo direi con gioia che questa è davvero creatività, così evocativa di quella finanziaria...ma non mi sento molto ottimista per questo, anche se devo constatare che in questo ambito la creatività italiana non decade mai: in questi giorni possiamo seguire le alterne vicende di un decadente che, non ancora decaduto dal proprio potere, si oppone alla decadenza da una carica che ricopre con orgolgio tutto italiano da tempo. Il riferimento alla carta igienica ha sicuramente qualcosa a che vedere con questo.

5 commenti:

Costantino ha detto...

In effetti,se ci fossero i "miei vecchi", direbbero convinti, che questa è una fase di sovrabbondanza,non di crisi, nel bene e nel male.
E ricorderebbero con un sorriso quando usavano, in luogo della carta igienica, il fogliame della vite.























































































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Barbara ha detto...

Peccato che in questo caso la creatività italiana non abbia proprio nulla di creativo, nel senso di "vitale", ma sia solo il prolungamento di un'agonia. Sarà mica paura di non essere, in fin dei conti, all'altezza di tutta questa millantata creatività?
Ah... comunque io da qualche mese sono tornata ai tovaglioli di stoffa e sto cercando di ridurre l'utilizzo della carta per le pulizie (a parte quelle personali!). Quello che mi cruccia di più invece sono gli imballaggi di plastica che mi ritrovo a sacchi dopo aver riposto la spesa. Possibile che non ci sia un metodo più creativo e che decada più in fretta, per avvolgere almeno il cibo?

Anonimo ha detto...

Spesso le parole che usiamo viaggiano a una velocità diversa dall'evoluzione che ha seguito l'oggetto che indicano: "piatti di carta" (ormai è da decenni che sono di plastica), "prendiamo la macchina" (quale? Quella del caffè o quella per cucire?), "mail" (sono certo che negli USA 99 persone su 100 pensano alle e-mail e non alla posta tradizionale), e così via.
Il motivo, a mio avviso, è semplice: la nostra pigrizia ci porta a sclerotizzare il linguaggio e a semplificarlo sempre di più. Siamo noi a faticare a star dietro alla realtà, non le parole...Eppure avremmo un vocabolario così ricco e preciso!
La tua provocazione della carta igienica è geniale. A volte saper superare piccoli steccati mentali aiuta ad affrontare quelli più importanti.
Quanto al discorso sulla decadenza, infine, non aggiungo altro: è un tema multiforme, persino affascinante, che ogni tanto tratto anch'io (ricordi Declinatio?...).
Un caro saluto
Ms

anto bee ha detto...

MS quanta ragione nelle tue parole, sclerotizziamo il linguaggio... è verissimo! Da oggi m'impegnerò a manifestare questa realtà a chi mi capiterà a tiro. Rischierò, lo so, rischierò sguardi di meraviglia (eufemismo) ma sarà piacevole e contemplativo (nel guardare i volti degli eufemisti) ...

Cara Red... ma come ti è venuto in mente il paragone con la carta igienica? Pensa io mi ero fermata un po' prima...

Soffio ha detto...

A parte Silvio, e i di lui danni devastanti provocati all'etica e alla morale delle masse, mi hai ricordato quando, specie in campagna, che era allora subito alle porte della città, i cosiddetti "bagni" erano delle piccole casupole ove stare in piedi o quasi e il lusso della carte era costituito da pezzi di giornale (che non ho mai capito dove i contadini - analfabeti o quasi - prendevano Diceva il vecchio Jung in tarda età che lui amava fare cose semplici "e come é difficile essere semplici"