La meraviglia

Agnolo Bronzino
Ritratto di Eleonora da Toledo e di suo figlio
Giovanni de' Medici
(particolare)


Qualche giorno fa, visitando il blog di un caro amico, ho avuto il piacere di leggere un post davvero bello: la descrizione di una giornata di divertimento, di riposo, trascorsa in un luogo affascinante che ospita regolarmente mostre di pittura di notevole interesse. La descrizione in questione è deliziosa, perchè fatta filtrando i momenti della giornata attraverso le sensazioni, la percezione della bellezza e del piacere di osservare, ma soprattutto di meravigliarsi. Non ci sono in essa particolari riflessioni sulla meraviglia, solo deliziosi appunti scritti sotto le immagini che riproducono i dipinti che fanno parte della collezione conservata in questo luogo splendido, o scorci del parco che ne è parte o ancora di un pranzo squisito ed appagante che chiude degnamente il post predisponendo alla gioia di vivere. Di solito quando leggo i post dei miei amici non mi soffermo mai sui commenti che ricevono, perchè li considero diretti fondamentalmente agli autori, però per il blog di questo amico faccio un'eccezione, perché i commenti ai suoi post sono parte integrante del piccolo progetto che ogni suo articolo rappresenta e ne sono di certo il completamento. Qualche giorno fa quindi, un commento a questo suo delizioso post mi ha colpito seriamente e mi ha portato a fare una piccola riflessione. La persona che lo ha lasciato diceva di avere così tanta arte a sua disposizione da non meravigliarsi facilmente, e tuttavia rimarcava un aspetto del post dichiarando di gradirlo molto. Questa affermazione mi ha fatto pensare alla meraviglia. Quanto sono capace di meravigliarmi, e perchè? Mi sono resa conto che la meraviglia, per me, è una sorta di processo organico inarrestabile e che la considero assolutamente propria di un organismo sano. Un po' come la crescita delle unghie o la comparsa delle rughe. La meraviglia, ad un certo punto della crescita di un individuo, deve affermarsi stabilmente come un carattere somatico: uno dei colori definitivi dell'anima, immutabile come quello dei capelli. Certo i capelli, anche precocemente, perdono il loro colore per assumere una tonalità di grigio; ciò spingerebbe a ulteriori riflessioni sul rapporto fra la meraviglia e il tempo, ma non sono ancora in grado di esporle, ci sto lavorando. Tornando alle mie riflessioni certe, non sono d'accordo con chi sostiene che sia importante mantenere sulle cose, sul mondo, uno sguardo meravigliato nel modo di quello di un bambino. Questo avrebbe senso se io rimanessi bambina per sempre, ma fortunatamente non è così. Dico fortunatamente, perchè tutte le età, le fasi di crescita del corpo e della mente riservano sorprese incredibili, a saperle vedere. Meravigliarsi come un bambino è facile per un adulto: si fa in modo. Ma se si volesse percepire le cose con l'inconsapevolezza del bambino, si scoprirebbe che non è possibile, dato che l'adulto sano è inevitabilmente consapevole. E allora? La meraviglia dove se ne va? La si conserva come ricordo della propria innocenza oppure è possibile coltivarla e assecondarne i mutamenti? Io credo alla seconda ipotesi. L'intenzione nella stesura di questo post è un elogio, di più, un'ode in prosa alla meraviglia consapevole. Il commento, prezioso per me, letto sotto il post del mio amico mi ha fatto riflettere proprio sulla consapevolezza. Forse questa e meraviglia non possono coesistere? Forse una annulla l'altra? Per quanto riguarda me, riesco da tempo a individuare un istante, subito prima che qualcosa mi catturi e mi porti con sé per tutto il tempo della meraviglia: è l'istante in cui so che sto per avvicinarmi a qualcosa che mi stupirà. La consapevolezza però si concentra lì, in quell'istante: io so che mi meraviglierò e saperlo mi consola, mi commuove, esprime fortemente un bisogno che so di avere e l'attesa della sua soddisfazione. Passato quell'istante non mi chiedo altro. Mi tuffo nella bellezza con estrema fiducia e mi lascio sorprendere. Deduco che forse la meraviglia altro non è che il desiderio di essere meravigliati, che si può esprimere in cento altri modi, ma passivi. Meravigliarsi permette di agire in questo desiderio, di governarlo ed è questa la consapevolezza vera, la maturità, la gioia che non è dato provare ai bambini, i quali si limitano a lasciarsi percorrere da "qualcosa" che non sanno definire nè fermare. Il commento cui faccio riferimento mi ha regalato anche un'altra riflessione, che per comodità traduco in un'immagine, avvisando chi leggerà che è un'immagine davvero triste, sconfortante persino. È l'idea che possa esserci chi, circondato da forme che portano l'animo umano a meravigliarsi, trasformi la propria consapevolezza di predisposizione alla meraviglia in controllo della stessa, assumendo una posizione talmente dominante in quell'istante così razionale che la precede, da spegnerne la voce e la luce, da umanizzarla, ma in senso triste, vuoto, inutile, come fanno spesso gli esseri umani con gli animali loro compagni. Incontro ogni giorno una signora che in inverno passeggia con un terrier vestito di un piumino imbottito color argento, dotato di cappuccio.

4 commenti:

unbrivido ha detto...

Voglia di meravigliarsi ...

Francesco Zaffuto ha detto...

non dovremmo mai smettere di meravigliarci, senza la meraviglia smettiamo di scoprire, e tutto diventa buio. Sul mio blog http://groviglidiparole.blogspot.it/
ho inserito un brevissimo racconto che in qualche modo ripercorre questo motivo dal titolo mangia la luna.
Approfitto per comunicarti che ho costruito un blog a più voci
http://arpaeolica.blogspot.it/ ed ho inserito nella passeggiata tra i blog suggeriti il tuo link, mi auguro qualche scambio o collaborazione su qualche tema. cari saluti, francesco

Soffio ha detto...

E' fortunato quel tuo amico ad avere la possibilità di un simile commento

Costantino ha detto...

Certo che la meraviglia,diventando adulti, padri, nonni, affrontando le temperie di tutti i giorni, si affievolisce e si dirada.
Non scompare però del tutto, anzi,mi sembra, ricompare prepotente con la vecchiaia, un'età che incombe su di me ma ancora non mi appartiene.
L'ultima volta che mi sono meravigliato? a vedere le tonalità dei colori del mare dei dipinti di Piero Guccione ( Milano, Palazzo Reale, 2008).