Per Amore

Avevo un compagno, alle elementari, sensibile e intelligente. Era il figlio dell'unico fotografo in paese e divenne a sua volta, ed è tutt'ora, un grande fotografo. Allora, all'inizio degli anni '70, il paese in cui vivevo era davvero piccolo, distante dal mare solo un paio di chilometri, ma isolato da esso e dal resto della costa quasi si trovasse in realtà sulla cima di una montagna. Era così piccolo che certe professioni identificavano non solo il professionista ma tutta la sua famiglia, senza alcun bisogno di citarne il cognome; così c'era il Dottore, la Moglie del Dottore, il Figlio Maggiore del Dottore e i suoi fratelli; c'era il Famacista, (il cui figlio ha impiegato decenni per essere nominato col proprio nome di battesimo), la Maestra e fra gli altri appunto il Fotografo. Tutte le figure rappresentative del più alto livello culturale ed economico del paesino non avevano altro merito, in realtà, che il proprio tenore di vita, che aveva permesso loro, in tempi precedenti e ancora più oscuri, di raggiungere un titolo di studio superiore o una laurea. Il Fotografo invece aveva un nome, nel linguaggio locale, evocato sempre con affetto e gratitudine: Bruno. Non ho ricordi particolari circa la sua estrazione sociale; ricordo che aveva una bella casa, moderna e curata, ma ancora di più ricordo il suo sorriso e la semplicità e la gioia con cui scattava le sue fotografie, che poi erano le nostre, di tutti noi. La Prima Comunione allora era motivo di orgoglio e di grandi spese per onorarla e il servizio fotografico era la ciliegina sulla torta, molto più di oggi. C'era un tale digiuno di immagini che se ne sentiva davvero il bisogno. Si desiderava di fermare il tempo sulla carta lucida della fotografia e Bruno, con la sua borsa professionale e il suo sorriso di ragazzo sempre sul viso, suonava alla porta di casa, qualche giorno prima della cerimonia, atteso come un luminare nelle cui mani sia il destino di un malato grave. Lui lo sapeva e possedeva una incredibile capacità di tranquillizzare le madri, agitate e preoccupate che tutto fosse perfetto e di conseguenza i padri, succubi delle "mogliesche" ambizioni, sempre troppo ardite per quei tempi. Bruno amava la fotografia nello stesso modo in cui amava la sua famiglia: con dedizione, con gratitudine, con tutto sé stesso. Ho molti ricordi legati alla sua persona e oggi sento il desiderio di scriverne  perché un amico caro, molto simile a Bruno per indole e per passione fotografica, mi ha confessato di come sia doloroso, difficile per lui conciliare questa sua passione con la sua famiglia, con l'amore che dedica ad essa, ogni secondo della sua vita. Ho detto spesso al mio caro amico della gratitudine che provo per lui, per gli scatti magnifici, spesso commoventi, sempre pieni di talento, nel tentativo di compensare un po' la sua fatica a proseguire nel suo cammino. A volte non sappiamo di dare tanto agli altri, finchè non ce lo dicono. Però non basta, lo so. La mia gratitudine non può compensare tutte le difficoltà che possono angustiare una vita. Così mi è salito dal cuore il pensiero di Bruno. 
Bruno faceva ritratti incredibilmente belli. Era un fotografo immenso, di incommensurabile talento, un talento istintivo, che rendeva le sue fotografie veri capolavori. Bruno fotografava l'anima delle persone e quando doveva fare un servizio fotografico in esterno, intorno alla casa di una sposa o di un bambino alla Prima Comunione, lui riusciva ad inquadrare nel suo obiettivo lo spirito di chi abitava la casa, l'indole addirittura, con estremo rispetto, quasi come un poetico reportage dei sentimenti e delle ambizioni di una famiglia, di una comunità. Fotografò mi sorella e me, sulle scale ancora sbozzate in cemento della nostra casa, che mio padre aveva costruito e cui continuava a lavorare, e che mia madre abbelliva con lussureggianti fioriture di ogni colore, per ingentilirne l'aspetto grezzo, da cantiere edile: Bruno la fotografò dal basso, mettendola al centro della foto, con gli scalini sbozzati in bella vista e i fiori solo in lontananza e in cima alla scala noi due, mia sorella ed io. La nostra scala non fu mai più così sontuosa, neppure dopo le rifiniture, neppure dopo le ringhiere che arrivarono molto dopo, accolte come i fregi di un grande capolavoro. Ricordo che ogni tanto mia madre ci prendeva per mano e ci portava a casa di Bruno, per salutare sua moglie, perchè suo figlio ed io eravamo compagni di scuola, perchè Bruno era una presenza cara nella nostra comunità. Ricordo che lui ci accoglieva con un largo sorriso sincero e poi subito diceva:- Dai venite che vi faccio un ritratto! - ed era per lui come offririci il suo vino migliore e per noi come entrare nel mondo della magia. Entravamo nella sua stanzetta attrezzata, sedevamo su una sedia che allora mi sembrava davvero strana, senza schienale ma accogliente e soprattutto girevole. Poi il gioco delle luci e infine Bruno si avvicinava e con la punta delle dita, solo sfiorando il viso, cercava la posizione giusta. Parlava sottovoce, quasi con sè stesso e osservava attentamente l'effetto della luce sul profilo, con dedizione e con estrema calma. Era serissimo quando preparava un ritratto. Poi diceva :- Ecco, ora stai ferma, mi raccomando - e scattava. Poi ci faceva aspettare la stampa e tornavamo a casa con un suo capolavoro fra le mani, che intuivamo essere tale dalla semplice evidenza della bellezza che i nostri volti acquistavano, passando per il suo sguardo. Erano scatti improvvisati come le nostre visite alla sua casa. Erano la sua voglia di mostrarci, forse di insegnarci, quanta bellezza avevamo intorno e dentro. Abbiamo imparato tutti, ne sono convinta. Chi dalla sua generosità, nel mostrare ai parenti e agli amici un album prezioso, pagato molto tempo dopo o in certi casi forse non pagato affatto. Chi, come me ad esempio, dalla sua sensibilità e dalla sua consapevolezza umile di possedere un grande dono, vissuto in seno alla famiglia, in una piccola stanzetta attrezzata al piano terreno della sua casa, ma amato così tanto da permettergli di fermare sulla carta lucida la sua visione aerea di noi tutti e dei nostri cuori.


Per te e per tutti i fotografi come Bruno.


10 commenti:

Soffio ha detto...

Questo racconto é un regalo che ci fai. Grazie

Barbara ha detto...

Mi hai commossa, perché Bruno me lo ricordo proprio così, meticoloso e paziente (di sicuro molto più di noi, che ci facevamo fotografare con l'abito della Prima Comunione) nell'attesa di cogliere quell'unico attimo per lo scatto perfetto.
E comunque il Figlio del Farmacista è e rimane il Figlio del Farmacista...

Francesco Zaffuto ha detto...

Ero passato per farti gli auguri ed ho letto di quest'uomo, della sua passione e di quel tempo. Il tuo racconto ha lo stesso sapore di quelle foto. Un carissimo augurio di buone feste

Valerio Maruffi ha detto...

Sono arrivato su questa pagina perchè un amico l'ha linkata su facebook.
Bellissimo questo racconto.
Lo apprezzo tantissimo forse grazie al mio amore per la fotografia e forse perchè anche nel mio paese la figura del fotografo era proprio così!
Ricordo benissimo gli ombrelli bianchi pieni di polvere che incuriosivano ogni bambino e la ricerca della posizione migliore.
Poi alla fine la frase che tutti gli abitanti di Varzi, il mio paese ricordano: "Adesso sorridi con gli occhi"! :)

Grazie per questo tuo racconto!

Floriana Quaini ha detto...

Ciao,
mi scuso per il ritardo nel ringraziare per il bel complimento ricevuto.
Questo ritratto di Bruno, il fotografo è molto simpatico e credo renda giustizia a una persona così umana e appassionata ...
che voglia di vedere un mondo popolato così, da tanti Bruno!
Grazie ancora, auguri, Floriana

adamus ha detto...

La fotografia diventa una vera opera d'arte quando gli scatti sono realizzati da Persone come Bruno.
Aggiungo che in quel periodo la fografia digitale non esisteva.
Le fotografie oltre a saperle scattare , bisognava fare parecchie regolazioni alla macchina fotografica per dare il giusto effetto all'immagine.
In seguito , pure nello sviluppo del negativo e della stampa bisognava essere bravi, in quanto i bagni dovevano essere dosati manualmente per dare alla foto i chiaroscuri più appropriati all'effetto che si voleva ottenere.
Naturalmente mi riferisco al bianco e nero. Insomma , per avere foto straordinarie occorreva l'occhio artistico per l'inquadratura , grande esperienza per regolare la macchina fotografica e un valido laboratorio per la parte finale, nel caso non fosse realizzata dallo stesso fotografo, come spesso capitava.

Bellissimo questo ritaglio di vita tratto dal baule dei ricordi.

Augurissimi, Buon Natale e felice anno nuovo a Te e Famiglia. Ciao.

Costantino ha detto...

Il bello del mondo virtuale sta anche nel ricordare persone che altrimenti verrebbero (ingiustamente) dimenticati.
Ogni paese, ogni stagione vantano personaggi solo apparentemente marginali.
Il fotografo : era un mestiere importante, anzi era più di un mestiere.
Lui ha immortalato angoli, attimi, espressioni, forse sentimenti i più importanti e duraturi, meritava quindi di essere ricordato perchè la sua era non solo una professione ma anche, in parte,una missione.
Chiunque egli fosse, e in qualunque paese avesse dimora.

Dmitry Voevodin ha detto...

Поздравляю с Рождеством Христовым! В этот светлый праздник хочу пожелать мира и спокойствия в вашем доме, добра, взаимопонимания, достатка, любви, счастья, душевного равновесия, успехов во всех начинаниях, побольше радости, крепкого здоровья и всех благ! Пусть оправдываются все ожидания и сбудутся самые заветные мечты!
Merry Christmas and a Happy New Year!

ariodante76 ha detto...

I am reminded of that movie "L'Uomo delle stelle" and how your recollection is the polar opposite...I wish I could watch your narrative as a film adaptation. It warms my heart very much.

Riyueren ha detto...

Daniel mi ha segnalato la bellezza di questo tuo post, come pure dell'intero tuo blog.Ed aveva ragione.Nel mondo, soprattutto oggi, c'è molto bisogno di Bellezza, di saperla vedere nonostante tutto, di saperla mostrare, come sicuramente sapeva fare Bruno. E nei ritratti...saper mostrare alle persone tutta la luce che hanno dentro.
Ti auguro un sereno fine settimana, verrò a leggerti ancora.