Una giornata particolare

Photo Miguelsolaris


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Oggi è il 25 maggio 1909: Agostino scende dal letto veloce come un gatto, mentre il gallo conclude con un acuto troppo ardito la sua cantata mattutina. Il sole tra poco salirà all’orizzonte; Agostino apre gli scuri della finestra e guarda fuori, sono le cinque del mattino. Lontano da qui, a Firenze, la sesta tappa del primo Giro d’Italia è appena cominciata. Dal caruggio arrivano i suoni del paese che si sveglia: cigolio di carretti e l’ovattato calpestio degli zoccoli dei muli sul selciato. Dal piano di sotto l’Amelia chiama, con la sua voce potente e limpida, la stessa di quando era ragazza. Il caffé è pronto e il suo aroma si spande dal pentolino di alluminio e raggiunge ogni angolo della casa, trascinando con sé il profumo del latte caldo e del pane appena tagliato. Michele, il fratello maggiore di Agostino, prende il fagotto con il pranzo che l’Amelia sua madre gli ha preparato ed esce di casa per andare al lavoro; tornerà a sera, con la bicicletta. Prima di uscire di casa finta un uppercut a suo fratello Agostino e dice, scoprendo i denti bianchissimi :- Allua figgieu*, oggi è il gran giorno! Mi raccomando: occhi aperti e bocca chiusa, se non volete mangiare la polvere! E salutatemi il Diavolo Rosso! – Agostino ride, chiudendo gli occhi ancora pieni di sonno poi, ricambiando la finta di pugilato con una serie di colpi non proprio regolamentari accompagna il fratello alla porta. Fuori è ormai giorno. Dal fondo del caruggio arriva Mario, pedalando curvo sulla bici come un velocista che effettui una volata. Si ferma esattamente davanti ai due fratelli, con un forte stridere di freni. :- Belandi* Mario, e dacci un po’ di olio a quei freni! – e Michele si allontana con agili pedalate, fischiettando. :- Allora ci vediamo alle undici- dice Mario, rivolgendo ad Agostino uno sguardo d’intesa. L’idea di salire al Bracco per aspettare il passaggio del Giro d’Italia e del Diavolo Rosso è sua; Agostino sulle prime non ne voleva sapere: troppe difficoltà, troppe incognite :- Ma come facciamo a sapere a che ora passa il Giro? E se arriviamo su  che è già passato? – ma le ragioni di Mario lo avevano ben presto convinto, prima fra tutte la possibilità di veder sfrecciare il grande “Diau” nella sua tenuta rossa, saldamente a cavallo della Bianchi con cui si era coperto di gloria al Giro di Lombardia, quattro anni prima. Grande Gerbi! I due amici si salutano in fretta, prima della salita al Bracco c’è da lavorare. Agostino rientra in casa e finisce di bere il caffè che sua madre gli ha tenuto in caldo, sulla stufa; poi, afferrata al volo una camicia, si avvia verso il cortile e quasi travolge l’Amelia che sta rientrando in casa con un cestino pieno di verdura fresca. Fra poco preparerà il minestrone, lasciandolo cuocere a lungo. Poi lo metterà in un grande piatto perchè sia ben freddo quando i suoi torneranno dai campi a mezzogiorno, accaldati dal sole quasi estivo. Anche Agostino e Mario mangeranno il minestrone dell’Amelia, magari seduti al fresco sotto gli alberi, aspettando di veder spuntare da lontano Giovanni Gerbi, il Diavolo Rosso, rosso come un fulmine improvviso nella polvere bianca della strada.

*Allua figgieu: allora ragazzi
*Belandi: caspita


fine prima parte

4 commenti:

unbrivido ha detto...

A quando la seconda parte ? ... In attesa ... Ciao Red ...

Costantino ha detto...

Una sorpresa,graditissima per me che amo particolarmente il ciclismo.
Un racconto che avrei voluto scrivere io, se ne fossi stato capace,e che ho letto d'un fiato-
E che bella la foto del passaggio dei corridori del 1925.
Se mi acconsenti,per un istante, un uso privatistico di Fuga di Stanze, mi piace ricordare
che in quegli anni era protagonista non secondario del Giro mio zio Domenico Piemontesi, detto "Il ciclone",perchè in un Giro d'Ttalia,credo del '26,vinse una tappa nonostante l'imperversare di un ciclone.
Come vedi, da un racconto,da un ricordo,ognuno trae emozioni particolari e mai eguali.

red ha detto...

Grazie u..le tue parole sempre care sono un incoraggiamento per me. Ci sto lavorando...e nell'attesa ti abbraccio.

red ha detto...

Costantino,
che gioia mi dà il tuo commento! Scrivo questo racconto sul filo del ricordo di quando ero piccola, e salivo al Bracco a veder passare Gimondi. Non avrei mai sperato di trovare una traccia così nitida del glorioso ciclismo, il ciclismo eroico...è un onore per me conoscere così Domenico Piemontesi "Il Ciclone"...mi commuove davvero. Il ciclismo di quei tempi, ma anche più avanti fino alla mitica coppia, portava in giro per l'Italia valori altissimi espressi con una semplicità disarmante: la fatica. Guadagnarsi l'onore, la stima, con la fatica. Personalmente ho potuto vedere una traccia di questo modo di intendere lo sport e la vita in un giro recente, in cui Pantani fece da gregario a Garzelli se non sbaglio. Poi lo so, lo sport è sciupato dal business, dai troppi soldi che gli girano intorno...ma il ciclismo è forse uno dei pochi in cui un atleta ha la possibilità di accrescere in sè la parte migliore dell'essere umano; che non significa non commettere errori. Perdonami, sto divagando sull'onda di una vera passione! Domani il Giro passerà proprio davanti al mio cancello e l'emozione che provo è incontenibile!
Grazie per il tuo ricordo bellissimo e per averlo lasciato qui. Lo terrò fra le cose più belle. Un abbraccio