Conversazione dei sensi (I)


Quando l'impasto di materia e pensiero, che per me è la struttura di un quadro, entra negli occhi e per questi nel cuore, il corpo vibra nel percepire le diverse emozioni: la mente le trasforma in sensazioni fisiche così che le narici, le pupille, i timpani, il battito cardiaco, il respiro ne sono permeati; in pochi istanti tutto il corpo è predisposto al colloquio silenzioso con il tratto, con il gesto portato, con la scena intera fermata sulla tela o su qualunque altra superficie. Almeno così è per me. Mi avvicino sempre a un dipinto nel modo che ho appena descritto e sempre, tra le molte emozioni che vivo in quell'incontro, ne prevale una ed è questa che in seguito ricordo e che mi rende  indimenticabile un dipinto. Per fare qualche esempio posso citare "La muta" di Raffaello, davanti alla quale le mie orecchie hanno registrato l'assordante silenzio di quel volto vivissimo: un quadro sonoro, al cui cospetto ho provato un forte turbamento nel "vedere" il silenzio, nel "sentire" l'attesa vana ma ugualmente impaziente della parola detta. Oppure le tavole dipinte, i fondi oro senesi, le pale d'altare, i polittici: legno, oro, cere, tempere...tarli, le narici solleticate dal profumo dei materiali, se si potessero toccare avrei senz'altro anche ricordi tattili: liscio colore, ruvido incisione, i rilievi graziosi del gotico fiorito di Gentile da Fabriano. Poi ci sono dipinti per gli occhi, nelle cui scene regna l'armonia del disordine, penso alla "Battaglia di San Romano" di Paolo Uccello, che nella ressa di cavalli e cavalieri esprime per me solo colore...il rosso in particolare, o le tele del Seicento con le loro Assunzioni, i Trionfi mitologici, le Nature Morte, colore, ascese rapidissime dello sguardo nel seguire un volo di cherubini, nel cogliere il lento rotolare di una mela su una tovaglia immacolata; nella visione di una Natura Morta spesso subentra il tatto, la mente crea la percezione del manico cesellato di un coltello, appoggiato su un piatto da chi non ha terminato di sbucciare un frutto...ma in realtà ogni Natura Morta è un paradiso per i cinque sensi, meriterebbe un discorso a parte. Nell'affollato mondo delle mie conversazioni sensoriali ci sono dipinti unici, davanti ai quali provo emozioni esclusive e complesse; uno di questi è "La ragazza con l'orecchino di perla" di Johannes Vermeer, una tela che non ho mai visto dal vero, ma con la quale intrattengo un colloquio sentimentale molto intenso; considero questo dipinto un'istantanea, una fotografia scattata rapidamente per fermare un pensiero, una sfumatura particolare e leggerissima nel colore intenso del Bello. La comparazione di una tela con uno scatto fotografico non è così inconsueta; spesso nei dipinti si ritrova una ricerca del vero, una scelta dei contrasti, delle luci, che richiama l'efficacia di un fotogramma. Nel caso di questa tela il richiamo alla fotografia è tutto nello sguardo in cui guizza un pensiero fulmineo e nel nero dello sfondo, che dichiara inutile tutto il resto, tutto il contorno a quel viso che non è più viso ma emozione, percezione, anima. La lettura dell'omonimo romanzo di Tracy Chevalier è sicuramente all'origine di questo nostro dialogo sentimentale; ho cercato più volte, dopo aver letto il libro, di isolare in questo dipinto la vera natura del rapporto che lega Griet al Maestro; parlare d'amore è riduttivo, pur nella sua sublime complessità, perché Griet non è innamorata di Vermeer e lui non lo è di lei...

2 commenti:

Unknown ha detto...

mi piace il modo in cui descrivi il tuo approccio tutto sensoriale con i quadri, con tutti e 5 i sensi all'erta! Ne viene fuori tutta la tua squisita sensibilità!

red ha detto...

Ciao, credo proprio che tu mi capisca bene..so che la tua valigia contiene prima di tutto i tuoi 5 sensi, quando parti per un viaggio... I sensi sono un veicolo di conoscenza molto sofisticato, che tutti abbiamo a disposizione..basta saperli usare..o volerli usare...un caro saluto e grazie per il complimento!