Alla finestra

Gustave Caillebotte, Jeune homme à la fenêtre (1875)


Ci è stato chiesto di rimanere a casa, a casa nostra, ed è forse la prima occasione che la nostra sedentarietà di europei ha di trasformarsi in valore, di acquisire un significato profondo. Per la prima volta dopo tanto tempo lo stare fermi dentro le nostre case è capace di produrre solidarietà, consapevolezza, protezione, buona umanità, pace, rispetto e molto altro tutto insieme e in una volta sola. Non è straordinario? Poter finalmente fare qualcosa per il mondo semplicemente rimanendo a casa? Pure la gente patisce questa condizione, la vive come una vera e propria segregazione, come una solitudine. Eppure è quasi niente. Anzi, è un privilegio, che oltretutto può non intaccare minimamente i nostri egoismi quotidiani, se noi glielo permettiamo, perché starsene in casa significa anche non vedere, non guardare, non curarsi di chi è rimasto fuori e magari una casa nemmeno ce l'ha. Si vive questa condizione con disagio, un po' come quelle coppie sposate da una vita che dopo anni e anni di equilibrio si sfasciano contro la rivoluzione che il pensionamento porta nella quotidianità. Eppure è qualcosa di straordinario, comunque, questo modo quasi impercettibile di fare qualcosa per il mondo. 


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