Ritorno da un viaggio



Ieri ho camminato per Genova inseguendo la magia di un film del '49, rimasta imprigionata nei caruggi della città vecchia. Ho svoltato un angolo e me la sono trovata davanti e alé, non ho potuto scappare più. Adoro questo film, per tanti motivi: per Jean Gabin e per Isa Miranda; per le comparse che sono la gente vera di quella Genova; per il desiderio di recuperare la normalità del vivere e per identificare questa normalità nei sentimenti; per gli scorci di Genova che si mostrano dentro le sequenze: la veduta di Sant'Agostino dal campanile dell'ex convento di San Silvestro, Piazza Caricamento senza la sopraelevata, Piazza Sarzano, il caruggio del campanile di Santa Maria delle Vigne. Genova è una città perfetta per inseguire i sentimenti, per come è fatta, per l'ordine misterioso e ferreo che regola la disposizione dei suoi caruggi. Ieri ci sono tornata reduce da un viaggio cominciato d'estate, cinque anni fa, con un carcinoma. Un viaggio in cui ho spesso perso l'orientamento, e andando per quelle vie strette, cercando fra le case che quasi si toccano ferite di luce e punti di riferimento, mi è sembrato che tutto quello che ho vissuto in questi cinque anni stesse trovando un posto. Non avevo bisogno di un bilancio, ma di un luogo sicuro dove lasciare tutto quello che ho attraversato senza capire. Genova è una città così. Forse perché dopo averla conosciuta uno si rende conto di averne compreso solo una parte, piccola o grande, ma solo una parte. Però non ci si sente frustrati per questo, né si è disorientati, come se la città vecchia fosse capace di parlare a questo umano stato d'animo. Così una certa parte di quel mio viaggio l'ho lasciata lì. Potrò cercarla ogni volta che torno, Genova nasconde ma non ruba. Potrò scoprire se voglio cercarla ancora, o non accorgermi neppure che l'avrò dimenticata. In ogni caso so fin da ora che non l'avrò persa.






Immagini dal film "Le mura di Malapaga" di René Clément, 1949


2 commenti:

Costantino ha detto...

Conosco poco Genova. Qualche anno fa ci sono stato due volte consecutive, prima a portare un quadro di Giada, poi a ritirare il premio in suo luogo.
Nel primo caso pioveva forte, la volta seguente ho fatto un bel giro a piedi, sono entrato, a mezzogiorno passato, nel Duomo. Non c'era più nessuno, me lo sono visto e goduto in tutte le sue opere ed i suoi dettagli.
Ma...tanti anni prima, avevo accompagnato la mia nonna Seta che desiderava rivedere quel porto dove, a sei anni, nel 1892, era partita emigrante verso il Brasile con tutta la sua famiglia.
Non compresi la sua emozione, i suoi occhi lucidi, la felicità del ricordo stampata sul suo volto. Solo ora che tocca a me diventare vecchio, o forse si dice anziano,
riconosco tutto questo ogni volta che rivedo un luogo dove, in passato, ho lasciato un frammento del mio cuore.

red ha detto...

Che bel ricordo, Costantino...grazie di averlo scritto qui. Io torno a Genova da cinquant'anni e non la vedo mai uguale. È come una tela fiamminga piena di dettagli, la puoi guardare e riguardare mille volte e scoprire ogni volta un particolare che non avevi notato. In questo momento mi affascina moltissimo la sua storia medievale, non solo le vicende, ma anche il modo in cui la città tiene nascosta questa parte di sé. Il Seicento ha cancellato molte di queste testimonianze, ma quelle rimaste sono straordinarie e si nascondono bene, come a voler suggerire che in fondo la cosa che Genova ama di più è farsi cercare, farsi desiderare.