Su bolu 'e s'astore

Ho ascoltato per la prima volta "Su bolu 'e s'astore" oltre sette anni fa. Sette anni e mezzo. Quante cose sono cambiate in questo tempo, ma più di ogni altra cosa è cambiato il mio rapporto con la Sardegna. Sette anni fa ascoltavo questo brano e sentivo qualcosa sciogliermi il cuore e non riuscivo a capire come fosse possibile avere nel cuore una terra che non conoscevo affatto, averla nel cuore tanto da commuovermi ascoltando le sue voci. Poi mi sono avvicinata, con passione, con impreparazione, e ho guardato da vicino molti dei suoi colori: il blu del suo cielo altissimo, il nero delle sue maschere popolari, l'oro delle distese di fiori che scendono verso il mare. Grazie alla sua bellezza ho accettato l'ombra che mi ha oscurato il sole per un po', e ho trovato una casa, una terra di appartenenza, per certi miei sentimenti che non hanno mai saputo dove andare a fermarsi. 

Stasera ho riascoltato "Su bolu 'e s'astore" e ho sentito che tutto è profondamente diverso fra noi due, fra la Sardegna e me. È stata sempre sul mio orizzonte nel corso di tutti questi anni, terra ferma e fissa, come la Corsica che dalle fasce più alte dei monti in faccia al mare si vede in lontananza nelle giornate di tramontana. Ho camminato lungo questi sette anni e mezzo con la sua sagoma all'orizzonte, desiderando spesso di attraversare il mare, sospirando a lei tutto l'amore che non avevo mai potuto dire a nessuno. È sempre lì, sul mio orizzonte, anche stasera. Abbiamo più di una relazione adesso, abbiamo un legame. Fra altri sette anni, se potrò, scriverò dove saremo arrivate, o forse non scriverò niente, forse avrò imparato un po' della sua silenziosa eloquenza e non avrò alcun bisogno di parlare.
 

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