Scrivo di Sardegna

Scrivo di Sardegna, poco in rete, molto sulla carta. Ormai la mia scrittura si rivolge solo a lei, come se fosse questo l'unico modo per noi due di parlare. Non la conosco ancora abbastanza, non so quasi nulla di lei, anche se lei, per tutto il nostro tempo fino qui, si è lasciata guardare e toccare, accogliendomi in cento modi diversi. Inspiegabilmente lei, al contrario, sa tutto di me. Soprattutto sa come dirmi le cose che aspetto, svelandomele a poco a poco, come se capisse che cinquant'anni non sono un tempo troppo lungo, sono il tempo che mi ci è voluto per arrivare. Sa come mi entusiasmo facilmente, come scoppia dentro di me la malinconia e non ne ha paura. Sa che lascio il sentiero per avvicinarmi a un sasso, o per seguire un richiamo che per chiunque altro sarebbe inesistente, e mi invita a perdermi, o modula paziente cento volte quel richiamo, così che io non smetta di ascoltarlo. La gente che sta sulla sua terra è tanta e varia, non saprei descriverla, ma so che molti sono parte di lei, sono come alberi nati da una sola grande radice in mezzo al mare, e il sale che la intride percorre le innumerevoli diramazioni come una linfa e arriva sulla terra e la spacca, e fa dolorosi i monti e pena la danza, che non è mai solo allegria. Forse è per questo che parliamo, perché in lei c'è una bellezza sofferente e sofferta, un chiaroscuro di ombre nel sole; io so che lei comprende la profonda tristezza della mia felicità.


corra de screu