" È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza:
perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la
rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.» Peppino Impastato
Daniela ferma l' Ape blu ed apre lo sportello per poterci salutare. Il cassone dell'Ape è pieno di cassette della frutta vuote, sono quasi le due del pomeriggio e i capelli rosso irlandese di Daniela splendono al sole fioco di marzo come una corolla. Daniela ha gli occhi di un colore indescrivibile, profondi e miti e un sorriso da ragazzina sul viso di cinquant' anni che non ha più di due rughe. Quando parla risplende. Ma quanto sei bella, le chiedo sorridendo e lei se possibile splende ancora di più mentre ride come se avesse capito di essere stata oggetto di uno scherzo innocuo e divertente. :- Peccato però, vederla ridotta così, in completo abbandono...- dice l'uomo che è comparso all'improvviso sul piazzale della chiesetta. Non è in stato di abbandono, dico, ha solo più di 1200 anni. Dopo tutto se la cava bene, costruivano con sapienza a quel tempo, possiamo contare ancora sul fatto che si regga da sola. L'uomo sorride e si ferma a guardarla, chiede qualche informazione con tono gentile ma autoritario. È chiusa, dichiara sottovoce, sì dico io, è aperta solo durante le Feste e per la festa del Santo Patrono, a giugno. Stiamo di fronte alla chiesetta e alla sua porta chiusa e mi sembra che l'uomo non possa vedere ciò che vedo io. Così glielo mostro: il trittico di un cinquecentesco che non conosceva la prospettiva, al punto da dipingere come i suoi predecessori quattrocenteschi, ma è una copia quella che si trova qui; il campanile che è chiaramente un'antica torre d'avvistamento; il pavimento dell'abside che se non ricordo male è ancora quello originale. La chiesetta ora ha la porta spalancata e la sua vetustà non sa più di abbandono ma di memoria e sapienza antica, di identità. L'uomo non mi dice il suo nome ma mi parla in pochi tratti di tutta la sua vita e fra gli studi, i matrimoni, i nipotini uno dei quali è lì con lui, mi dice che ama la natura e studia il pianoforte da autodidatta da due anni e di anni ne ha sessantotto. Aveva cominciato dicendomi che i tempi sono oscuri, i politici ladri, la ripresa lontana, la speranza una fiaba.
Oggi ho letto da qualche parte una definizione della bellezza che non mi è piaciuta. Per questo non l'ho copiata né memorizzata, tuttavia il suo significato, la suggestione che conteneva mi è rimasta appiccicata come carta moschicida. Univa la bellezza al pensiero positivo. Questa definizione così poco attraente per me, mi ha fatto pensare con maggiore convinzione del solito, che chi ha la percezione della bellezza intorno a sé non pensa affatto positivo ma con preoccupazione e vede insieme alla bellezza tutto ciò che la insulta, che la oltraggia e la soffoca. Mi sono tornate in mente le parole di Peppino Impastato: « Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà." La bellezza rende forti, limpidi, la bellezza spinge ad andare avanti, a non rassegnarsi mai. E poi è uno specchio, il più sincero, perché riflette la capacità di chi guarda di cogliere ogni tratto della bellezza che è in ogni cosa e quindi anche di quella che si ha in sé. Poi, distogliendo lo sguardo, ognuno prosegue il proprio cammino. Daniela e il signore che studia pianoforte avevano lo stesso luccichio negli occhi, mentre riprendevano la strada.