ad Petram Corici


Non servono riferimenti storici per capire che il sentiero verso Monte San Nicolao non è quello che appare: un'esigua striscia di terra e roccia frammentata che s'inerpica in mezzo alla vegetazione di macchia fino agli ottocento metri di altitudine della Pietra Colice. Certi sentieri, quando ci si cammina sopra, trasmettono la sensazione di stare percorrendo la Storia; la luce, l'altitudine, la visuale sulle zone circostanti, tutto fa capire di essere divenuti parte di un movimento antico e invisibile, un via vai di genti e di animali, di motivazioni e intenzioni dall'altissimo valore umano. Così è stato ieri, per me e i miei compagni di strada, nel salire lungo il sentiero per il Monte San Nicolao dal Bracco, il tratto della SS1 Aurelia alle spalle di Deiva Marina e Framura (SP), fino ai ruderi dell'Abbazia e dell'ospitale medievale posti in cima. Eravamo perfettamente consci di trovarci su un punto molto importante della rete viaria antica, in particolare su un tratto nominato già nell'ottavo secolo in un documento relativo a una donazione da parte di Carlo Magno all'importante monastero di Bobbio (PC). Ho fotografato un punto del percorso durante il viaggio di ritorno, all'altezza di una specie di varco che si oltrepassa per mezzo di due rampe di scale ormai in pessime condizioni: pietre divelte e lasciate a franare lungo la via; ma la vista che si gode affacciandosi a questa porta naturale è davvero emozionante. Ci si sente viandanti, nel senso più antico della parola; si sente di andare per via con punti di riferimento diversi da quelli consueti della vita quotidiana, anzi gli stessi assumono un significato più importante, appaiono per quello che dovevano essere in antico: punti cardinali, fari nel mare di terra, di boschi e vallate, di costa altissima e impervia in vista della meta. Così il mare non è più solo la spiaggia dove a breve correremo in cerca di sollievo dal caldo dell'estate, ma vero corrimano azzurro, luce guida che costeggia lei stessa la terra ferma, mare ben più oscuro da navigare. La costa, poi, vista da lassù, procura la sensazione di stare osservando la carta delle nostre stelle boreali, ma vista da un altro pianeta: le cime dei monti più bassi, i paesi arroccati, i gruppi di case, sono quasi irriconoscibili a prima vista e aumentano la sensazione di stare viaggiando in un tempo sconosciuto, di essere fragili viandanti in precario cammino. Le rovine dell'Abbazia e dell'ospitale, ripulite e ben conservate, smorzano appena la sensazione che accompagna per tutta la salita. In loro presenza si avverte il segno deciso del tempo, la linea di demarcazione fra il passato e il momento presente. Però, mentre si ridiscende il pendio, affondando nell'intenso produmo di arbusti di eriche basse, di timo, di giovani pini e ginepri, rimane nei passi l'impressione di esserci stati davvero, in quel punto del Tempo, di avere ascoltato altri suoni e respirato altri odori. Lo sguardo che abbraccia i colori dei boschi e del mare si crede lo stesso del pellegrino che raggiungeva da qui la Francigena, del mercante che scambiava merci con i paesi dell'Appennino tosco - emiliano e forse anche del soldato romano, che tracciava la mappa stradale dell'Impero, nel suo marciare. Ho cercato la traccia di questo percorso nelle fonti cartografiche di epoca tardo imperiale e l'ho trovata: è la dicitura " in alpe - penninum " leggibile al centro dell'immagine che pubblico qui sotto e che ritrae la Sezione III e IV della Tabula Peutingeriana. La scritta si trova poco sopra la costa ligure, a destra della citta di Genova, dove inizia una piccola catena di monti disegnati in diagonale, in corrispondenza della Corsica e della Sardegna. Non aggiungo altro sulla Tabula, se non un link per scoprirne la bellezza mozzafiato cliccando qui, e vederla così in originale o nella riproduzione successiva, e un altro che ne racconta la storia. La Tabula Peutingeriana è stata inserita dall'UNESCO nell'Elenco delle Memorie del Mondo.

Tabula Peutingeriana
( particolare )

"...ed è per questo che la Storia dà i brividi..."



Ricordo perfettamente il momento in cui mia figlia ha scoperto l'esistenza del giorno prima. Compiuti cinque anni, un giorno all'improvviso mi ha chiesto :- Come si dice quando vuoi raccontare una cosa che non è di oggi ma di prima ?- Si dice "ieri", le ho risposto, non troppo stupita, perchè mia figlia ha da sempre la meticolosità di un cartografo nel delineare i confini del tempo e degli spazi in cui vive e si muove. Da quel momento ha fatto la sua comparsa, nell'elenco delle favole preferite con cui addormentarsi, una storia diversa e nuova: la sua. Di volta in volta, in mezzo alle ochine che vanno in Maremma, a Giovannino senza paura, al pesciolino d'oro e al Re Pipi fatto a mano è spuntata la storia ancora tutta da scrivere della sua piccola vita. Una lunga sequenza di "ieri" messi uno a fianco all'altro, per raccontare di quella volta che... Adesso che è una ragazzina e tutti i suoi ieri sono ben classificati e ordinati nella sua infallibile memoria, la Storia è un concetto sempre più ampio, che lei intuisce essere fondamentale e le domande si fanno ogni giorno più acute, più precise. È stato proprio grazie a lei che ho capito davvero quanto sia importante la Storia per ognuno di noi: la nostra e quella più grande, che è la somma di tutte le piccole storie. Ogni anno, a primavera, insieme agli alberi del giardino e ai bulbi che abbiamo trapiantato qui dalla nostra vecchia casa, germoglia una pianta a cui non sono ancora riuscita a dare un solo nome. Eppure un nome ce l'ha, ma è difficile da pronunciare in una parola, è più semplice, naturale, eprimerlo in gesti e azioni. È una pianta molto legata alla nostra storia e nasce ogni anno da un seme gettato sessantotto anni fa, un seme acquistato a caro prezzo. Nel corso dell'anno non ne parliamo mai, ci limitiamo a godere i suoi frutti, il suo riparo; torniamo ad occuparcene solo all'inizio della primavera successiva, quando il 25 Aprile si avvicina e il seme va nutrito di nuovo, arieggiato, liberato dalle erbe infestanti, perché possa godere dei raggi del sole e nuovamente germogliare, libero. Da qualche tempo, qualche giorno prima del 25 Aprile, entro in un archivio estremamente prezioso, che ho scoperto in rete quasi per caso: si chiama Storie Dimenticate e raccoglie testimonianze e informazioni indispensabili per mantenere viva la memoria sulla nascita della nostra Democrazia. Mi piace molto questo archivio, perché racconta la Storia italiana partendo dalle innumerevoli piccole storie degli italiani che l'hanno scritta. Entrarvi mi permette di nutrire quel seme prezioso con i racconti dolorosi che sono l'architettura portante della Resistenza. Leggendo ritrovo il vero significato delle troppe parole che sembrano averlo ormai perso; ritrovo l'energia, la forza data dalla certezza di fare la cosa giusta, a costo della vita; ritrovo il significato di parole come dignità, coraggio, ideale, democratico, popolo, libertà. Desidero ringraziare da qui Paolo Corazza, che si occupa a tempo pieno e con passione della cura di questo prezioso archivio; lo faccio in questi giorni così confusi, che precedono il nuovo 25 Aprile, perchè ora più che mai mi pare importante coltivare la memoria di come erano gli italiani di allora, per i ragazzi di oggi e di ogni tempo. Grazie Paolo.