Natale di pace



Quando abitavamo nella casa davanti al cielo, Natale era diverso. Ci accorgevamo del suo arrivo perché intorno alla casa regnava un silenzio pressoché assoluto, interrotto soltanto dal passaggio di qualche auto e dal suono delle campane di San Fermo. L'aria si faceva pungente, profumata dalla neve che imbiancava le cime sull'orizzonte, avanzando un po' per giorno come un'onda di marea crescente, fino a raggiungere la casa. Accadeva di notte, quasi fosse un accordo segreto stipulato all' insaputa degli uomini e dei pochi animali rimasti a vegliare l'inverno. Al mattino il silenzio era assordante: non era necessario aprire le persiane per capire che la neve aveva ricoperto ogni cosa. Abitare lassù ci insegnava ad ascoltare la terra, a vedere i molteplici segni del passaggio delle stagioni, le molte sciagure che affliggono le piccole creature, invisibili ormai nelle piazze affollate di auto. Poco prima di Natale le api, che abitavano un piccolo alveare al confine del bosco, atterravano faticosamente sulle piane di ardesia delle finestre a sud, ancora tiepide per i brevi raggi del sole. Avevano le ali atrofizzate dal freddo e riuscivano a muoverle ancora un po', a contatto con l'ardesia, prima di lasciarsi andare ad un sonno fatale. Avevamo imparato che quello era il segno per noi più evidente dell'arrivo dell'inverno, così prendevamo delicatamente le api, le portavamo in casa e le lasciavamo cadere dolcemente su un piccolo letto di zucchero: il tepore della casa le svegliava quasi sempre in tempo, prima che fossero costrette a partire per l'ultimo volo. Le guardavamo mangiare avidamente lo zucchero e poi, se era ancora primo pomeriggio, le riportavamo sul davanzale, da cui ripartivano senza fretta. Stavamo chine su quel fazzoletto di zucchero, senza alcun timore, così vicine da poter vedere i loro occhi, le nervature delle ali, le zampette. Una volta ne accogliemmo due contemporaneamente: una si riprese subito e cominciò a mangiare lo zucchero, ma l'altra era troppo infreddolita, aveva sofferto troppo e non riusciva più a muoversi. Vedemmo la prima appoggiare le piccole zampe sulla testolina della compagna, ormai quasi immobile, e scuoterla, continuando a mangiare, come per incoraggiarla. Le guardavamo in silenzio e capivamo ogni movimento, ogni intenzione nel loro dialogo silenzioso. Anche Natale era silenzio. Era fermarsi, non correre più, come facevano gli animali del bosco, gli insetti, le più piccole creature. La pace era ovunque intorno, nessuno era più costretto a lottare per vivere. Ci penso, ad ogni Natale, a quella pace assoluta e tangibile. Ci penso e mi chiedo se saremo mai capaci noi, altri animali, di fermarci nel silenzio di una pace come quella, con l'unico pensiero dell'attesa di una nuova primavera. Ora abito altrove. Non sono così distante dal mio piccolo paradiso, eppure è lontano, quasi immaginario. Natale qui ha il rumore di fondo della strada e l'odore del traffico e della valle, un odore muto. Però il bosco è qui intorno, così invisibile, a chi non sia piromane, da passare del tutto inosservato. Si deve salire più in alto per sentirlo respirare, per poter capire quando arriva l'inverno dalla voce dei suoi abitanti e non dalle giacche imbottite suggerite dal calendario. Parla ancora, se si vuole ascoltarlo. Per tornare da scuola abbiamo scovato un sentiero che passa accanto ad un bosco ostinatamente aggrappato alla costa di un piccolo monticello. Qualche giorno fa una poiana è comparsa all'improvviso un po' più in alto, bellissima e inaspettata. Era a caccia, volteggiava in tondo sul suo territorio, danzando. Mia figlia parlava con le poiane, quando abitavamo lassù. Nessuno in realtà ci crede, quando lo raccontiamo, ma lo scoprimmo per via di un suo strillo capriccioso, acutissimo, quando aveva tre anni, in giardino. Da allora e finché rimanemmo lassù le poiane vennero sempre a girare sopra la casa, lanciando alti gridi al richiamo di una piccola voce divertita e micidiale. Avvenivano lunghe conversazioni lassù, oltre il tempo del letargo che faceva zittire di colpo ogni voce del bosco. Qualche giorno fa lei ha riso di gioia, nel vedere quell'uccello magnifico volteggiare in alto, poi si è fermata e ha gridato, con tutto il fiato che aveva; la poiana si è avvicinata in silenzio facendoci pensare che forse fu un sogno anche quello, anche quella conversazione di voci diverse fra i rami degli alberi. Però, quando siamo entrante nel cortile lei ha sollevato la testa come seguendo un altro richiamo, più forte: la poiana era lì, con le ali spiegate, volteggiante come una foglia nel vento sopra la nostra casa.

Buon Natale di pace a tutti.

red


Georges de La Tour Il suonatore di ghironda 
Particolare
(1650 ca.) olio su tela


7 commenti:

orso - homine de su marghine.. ha detto...

buongiorno red.
in questo splendido racconto,
auguro che la tua poiana voli per il mondo,per portare un po di pace.
buon natale a te e in famiglia.
ciao frà.

anto bee ha detto...

Auguri Red e grazie perchè ci sei :)

Antonio Andreatta ha detto...

ciao Red, qual colore è più adatto a simil e tant'attesa ricorrenza? Red, Rouge, Rosso...d'antica fede sportiva che tu non ami e d'ancor più antico segnale di pericolo, che persin in natura tanto è temuto. Eppure qui, in questo giorno, in tutti i suoi doni, nella tua infinita dolcezza e nell'ardor di tanta passione egli è bello e vitale, caldo e così sgargiante che tutti noi un poco ne vorremmo aver. Che sia Natale di Pace mia cara con l'augurio di aver sempre il conforto delle tue parole. Ciao, Antonio.

Giada ha detto...

Auguri Red!!

viola ha detto...

Ricambio questi tuoi bellissimi auguri per un Natale di pace e gioia a te e a tutti i tuoi cari:)

Ligeja ha detto...

Tanti auguri anche a te, Red,per un Natale sereno, pieno di pace, da puntare sempre in alto con grande fantasia e grande speranza nel cuore.
Ciao!

Lara ha detto...

Sei unica, cara Red.
Impossibile non essere trascinati nei mondi di cui scrivi.

Che sia un Felice Anno Nuovo anche per te!

Ciao:)
Lara