L'intervista

Qualche giorno fa, scorrendo la pagina di TED ho trovato un video in cui una ragazzina di 14 anni, Jennifer Lin, improvvisava al piano su una sequenza di note scelte a caso da uno spettatore. La bellezza che ne è scaturita mi ha colpito moltissimo e ha ispirato un piccolo racconto che pubblico qui di seguito. Pubblico anche il video parziale in cui si può ascoltare l'improvvisazione e mi permetto di suggerire a chi non lo conoscesse già, di visitare il sito di TED, perché è un progetto splendido, che ridona speranza nell'umanità.



L'intervista

Sull'insegna luminosa c'era scritto" Strumenti Musicali" e l'asino pensò di aver sbagliato indirizzo. Tirò fuori dalla tasca il foglietto giallo su cui lo aveva scritto e verificò: era giusto. Rimase fermo a lungo davanti all'entrata, indeciso, poi spinse la porta girevole e un tintinnio di campanelli invisibili annunciò il suo ingresso al tipo con la cravatta dietro il bancone. - Mi scusi - esordì l'asino senza salutare - sto cercando il...titolare. - Era visibilmente imbarazzato e il tipo dietro il bancone se ne era accorto. L'asino insistette, nervoso:- Il titolare...c'è? - Il tipo gli fece cenno di seguirlo e senza dire una parola lo accompagnò davanti ad una porta verniciata di fresco. Era socchiusa e istintivamente l'asino entrò. Nella stanza dalle pareti verdi c'era una scrivania di legno chiaro verniciato a flatting, e seduto alla scrivania c'era un tipo che l'asino riconobbe immediatamente essere la persona che cercava, anche se non avrebbe saputo dire cosa glielo avesse suggerito. Era senza dubbio l'essere più normale che egli avesse mai incontrato eppure in quel momento, mentre gli stava di fronte, l'asino sapeva di trovarsi al cospetto di Dio. - Si accomodi, prego...- disse Dio e l'asino si stupì nel sentire che aveva una voce da tenore. Non sapeva bene il perché, ma lo aveva immaginato baritono. L'asino si era quindi seduto senza staccare gli occhi da quel viso per niente particolare e aveva estratto un piccolo registratore che adesso passava da una mano all'altra nervosamente. - Quando vuole cominciare, io sono pronto - disse Dio e l'asino posizionò il registratore sulla scrivania, scusandosi. Un leggerissimo ronzio avvertì che la registrazione era cominciata, ma un silenzio pesante era sceso nella stanza. Dio accavallò le gambe sprofondando nella poltroncina girevole e disse:- Se vuole possiamo evitare le domande, posso raccontare, semplicemente ricostruire come sono andate le cose...- L'asino annuì, fingendo una calma che non provava, poi aggiunse, con una disinvoltura ugualmente solo apparente:- Vorrei solo chiederle cosa pensa delle Scritture. Sono abbastanza fedeli ai fatti? Il particolare del Soffio Divino rivela piuttosto chiaramente la sua inclinazione, voglio dire...la sua natura....- Le parole si spensero in un borbottio imbarazzato. -Intende dire la mia passione per la musica? Sì - replicò Dio prontamente - anche se col tempo questo dettaglio ha assunto un altro significato, non meno gratificante oltretutto. Io però, come lei ha intuito, nasco musicista.- L'asino si accomodò sulla poltroncina di legno lucido: ora poteva rilassarsi. Dio parlò dei suoi anni giovanili e del progetto della Creazione, cui aveva destinato tutta l'energia di cui disponeva, di come lo aveva pensato, curato in ogni dettaglio prima di dargli vita. Parlava sorridendo appena, con tono calmo, come di chi abbia già raccontato la stessa storia centinaia di volte. - Mi parli delle improvvisazioni - suggerì l'asino con sincera curiosità. - Sì...si tratta di un'idea sopravvenuta diciamo così...in corso d'opera. Del resto il progetto si prestava fin dall'inizio: costruire uno strumento capace di suonare da sé, senza bisogno di un musico, di un suonatore a farlo vibrare poteva, anzi doveva far presagire una miriade di incognite e fra queste la più gradita fu senza dubbio l'improvvisazione. Vede caro, si trattava di poche note per ogni strumento, sempre le stesse e ogni strumento avrebbe dovuto farne una melodia unica, irripetibile. Un progetto affascinante - aggiunse con un lampo di soddisfazione nello sguardo mite. - Le pesa che tutto questo non sia ancora stato compreso?- chiese l'asino - Voglio dire...lei è sulla bocca di tutti ogni giorno, osannato o anche solo elogiato per la sua grandezza, ma...la sua natura di musicista, la sua passione per la composizione, la sua abilità di strumentista...- esitò - ...e di liutaio...- soggiunse Dio, lasciandosi scappare un tono da vecchio professore. - No..- rispose brevemente - tutto sommato non mi pesa. Non ho portato a termine il mio progetto per brama di successo o perché fosse riconosciuto il mio talento. Mi era stato chiesto di creare qualcosa di unico e l'ho fatto.- Aveva parlato stringendosi nelle spalle, con inaspettata umiltà. L'asino lo fissava affascinato, sarebbe rimasto ad ascoltarlo per sempre. - Bene - disse, interrompendo la registrazione - mi tolga solo un'ultima curiosità: perché...questo...?- e girò gli occhi attorno ad indicare quello studio improbabile e quel negozio di strumenti musicali. - Gli strumenti intende? Be'...perché è uno dei posti sulla Terra in cui gli esseri umani vengono a ritrovare la loro natura. Non sempre ne sono consapevoli, più spesso dedicano la loro intera esistenza ad imparare a suonare uno strumento e non sentono di avere corde, tasti e casse armoniche. Qualche volta invece sì, se ne accorgono e a me pare che così si accorgano anche di me. Non so se mi vedono. Spero di no, mi imbarazza molto essere guardato mentre mi commuovo. -


Le copulette di Ozieri, il Thai Chi e la Via dell'Amore


Ieri a Monterosso il sentiero per Vernazza era una ferrovia: due treni lunghissimi di vagoni a due gambe che si sfioravano appena nel loro andare e tornare. Quando sono deserti, i sentieri a picco sul mare permettono di osservare panorami struggenti o di cogliere al volo dettagli di uccelli, di rami, di raggi di sole, nitidi contro il blu profondo del mare; ma quando sono pieni di gente, pieni di umanità, allora si possono vedere cose ancora più struggenti e misteriose, tratti semplici di bellezza che le persone portano addosso, spesso senza saperlo. La ragione comune di essere in un dato posto concorre in modo determinante alla fioritura di questi tratti bellissimi sulle facce della gente. Non è lo stesso se si passeggia nel posto in cui si vive, per quanto bello sia, perché la bellezza delle espressioni viene distratta dai pensieri, dall'interrogativo grande che genera il desiderio di partire o di rimanere. Le Cinque Terre invece sono uno di quei posti della Terra in cui le persone sentono il desiderio di stare per un po', ogni tanto, per un giorno o pochi di più e mentre percorrono i sentieri di questa splendida costa fatta di rocce e di alberi che si tuffano in mare, hanno negli occhi e nell'espressione del viso un desiderio così grande di far parte di tutto quel blu e quel grigio di pietra e ulivi da sembrare appartenere alle Terre prima ancora che alla Terra e gli occhi azzurri, a mandorla, la pelle nera, bianchissima, i capelli crespi, lisci, biondi, rossi, sono identità comune, ricchezza cromatica di forme, la stessa delle macchie di giaggioli, violacciocche, eriche e mirto e ulivi e rosmarino e limoni, disseminate sui muri e sui poggi fra le ultime case, davanti al mare. Ieri la gente era bellissima mentre saliva la scalinata di pietra ripidissima e stretta del sentiero; era costretta dalla conformazione del terreno a guardare dritto negli occhi la gente che con altrettanta bellezza scendeva la stessa scalinata. Qualcuno cercava, forse inconsciamente, di spezzare quel momento così emozionante e destabilizzante lanciando gridolini di allarme per un sasso scivoloso, o per un insetto assonnato sul ciglio del sentiero, ma la maggior parte della gente non si lasciava distrarre da quei rumorosi pretesti e proseguiva in silenzio, respirando profondamente e parlando con gli occhi agli occhi che aveva di fronte a ogni passo diversi. Era tutto un chiacchiericcio ieri, su quel sentiero silenzioso. E non si sarebbe potuto dire da dove ognuno arrivasse, o meglio si poteva vedere che ognuno arrivava dal proprio ultimo passo. Mentre salivo verso Vernazza pensavo che c'è un cammino, un sentiero in ogni cosa e pensavo al Thai Chi che sto imparando, ai passi necessari per poterlo percorrere e al modo indicibilmente bello con cui ogni suo movimento mi insegna a contare il tempo, con dolcezza struggente, con consapevolezza. E pensavo al sapore delle copulette di Ozieri che avevo assaggiato solo poche ore prima e per la prima volta, al sapore morbido, intenso, ricco e al suo svanire, evaporare quasi nel caldo della bocca e al passo successivo, al boccone successivo e all'ultimo, che lascia il cuore pieno di meraviglia e soddisfatto per aver camminato insieme alla bocca, sotto quel piccolo lenzuolo bianco fatto di niente.