Due

Conservato presso il 


Mi sto facendo un'idea del perchè io sia una creatura fatta di due parti principali così incompatibili fra loro come anima e corpo. Me lo chiedo da sempre, inevitabilmente credo, tentando ogni volta una risposta. Ripensandoci adesso mi accorgo che tutte le risposte che ho azzardato mi hanno sempre suggerito una sola conclusione: anima e corpo sono incompatibili ma strettamente necessari l'una all'altro.
Affronto da sempre questa domanda percorrendo una sola via: lascio parlare l'anima o il corpo, quando sono sofferenti o in assoluto benessere; ascoltare è una delle mie attività preferite, malgrado la mia loquacità. Ascoltando le mie due parti così faticosamente e ostinatamente conviventi, ho messo a punto una sorta di mappa, di manuale del loro comportamento; ho capito per esempio che non soffrono mai insieme o per la stessa causa, ma insieme spesso tentano una reazione o percepiscono un beneficio. La loro alternanza però, nel soffrire o nel tentare la cura alla sofferenza, è ciò che più mi colpisce. Per esempio quando l'anima soffre tende a separarsi dal suo imposto compagno. Si allontana, si chiude, si spegne, sospende il dialogo ampio che ha senza sosta con il resto di me. Quando questo accade il corpo, dopo un iniziale disorientamento, dovuto penso all'improvviso silenzio che l'anima esprime, accetta misteriosamente di prestarsi come voce alternativa all'anima stessa. Per qualche ragione il mio corpo sembra sapere che in certi casi l'anima ha la necessità di sospendere il suo linguaggio etereo ed impalpabile ed esprimersi con gesti o espressioni quanto più concrete possibili, dotate di una consistenza tangibile, di un suono o di un peso specifico. Forse ne è consapevole perchè anche il mio corpo, quando soffre, ha bisogno di cambiare il proprio modo di esprimersi, liberandosi o assimilando, grazie al supporto prezioso dell'anima, che lo affianca prestandogli la propria voce e permettendogli di esprimersi in totale assenza di peso e di tangibilità. Ho il forte sospetto che questa convivenza forzata, a parte la sua ovvia non casualità, sia una delle ragioni per cui si possa vivere la vita senza morirne.

7 commenti:

enzorasi ha detto...

Elogio dell'indispensabile dicotomia: rimane il segreto del tramite, il codice con il quale mente e corpo si scambiano informazioni.
La tua frase "...sia una delle ragioni per cui si possa vivere la vita senza morirne" è la cosa migliore che ho letto negli ultimi quattro mesi.

red ha detto...

Grazie

Soffio ha detto...

resto sempre incantato dalle tue riflessioni, anzi, meglio, invidioso.

red ha detto...

Grazie Soffio, il tuo giudizio ha un valore particolare...
Buona giornata, un sorriso

Costantino ha detto...

Particolarmente colpito dai concetti che hai espresso,e con la speranza,non la certezza, che l'elemento spirituale che c'è in noi non decada insieme con l'elemento puramente materiale.
Ma è soltanto una speranza.

Costantino ha detto...

Particolarmente colpito dai concetti che hai espresso,e con la speranza,non la certezza, che l'elemento spirituale che c'è in noi non decada insieme con l'elemento puramente materiale.
Ma è soltanto una speranza.

red ha detto...

Mi piace pensare che anche in quel momento avvenga quel misterioso mutuo e muto soccorso...che l'anima si prenda il corpo intero nell'essenza, nella memoria di ogni gesto, di ogni mutamento..e se lo porti con sè.

È un pensiero, solo un pensiero.